I. Il Partito Comunista
Il nucleo dirigente della nostra causa è il Partito comunista cinese.
Il fondamento teorico in base al quale si orienta il nostro pensiero è il marxismo-leninismo.
Discorso inaugurale alla I sessione della prima Assemblea popolare nazionale della Repubblica popolare cinese (15 settembre 1954).
Per fare la rivoluzione, occorre un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario senza un partito fondato sulla teoria rivoluzionaria marxista leninista e sullo stile rivoluzionario marxista leninista, é impossibile guidare la classe operaia e le grandi masse popolari alla vittoria nella loro lotta contro l’imperialismo e i suoi lacché.
“Forze rivoluzionarie del mondo intero unitevi, combattete l’aggressione imperialista!” (novembre 1948) Opere scelte di Mao Tse Tung, voI. IV.
……senza gli sforzi del Partito comunista cinese, senza i comunisti cinesi, spina dorsale del popolo cinese, sarebbe stato impossibile realizzare l’indipendenza e la liberazione della Cina, come sarebbe stato impossibile realizzare l’industrializzazione in Cina e la riorganizzazione dell’agricoltura su basi nuove.
“Sul governo di coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Il Partito comunista cinese costituisce il nucleo dirigente dell’intero popolo cinese. Senza un simile nucleo, la causa del socialismo non riuscirebbe a trionfare.
Discorso di ricevimento ai delegati al III Congresso della Lega della gioventù’ (25 maggio 1957).
Un partito disciplinato, armato della teoria marxista-leninista, solito a praticare l’autocritica e legato alle masse popolari; un esercito diretto da un simile partito; un fronte unito di tutte le classi rivoluzionarie e di tutti i gruppi rivoluzionari sotto la direzione di un simile partito; ecco le tre armi principali che ci hanno permesso di battere il nemico.
“Sulla dittatura democratica popolare” (30 giugno 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung , vol. IV.
Bisogna avere fiducia nelle masse; bisogna avere fiducia nel Partito: sono, questi, due principi fondamentali. Se nutriamo dei dubbi a questo proposito, saremo incapaci di realizzare qualunque cosa.
Sul problema della cooperazione agricola” (31 luglio 1955).
Il Partito comunista cinese, armato della teoria marxista-leninista, ha diffuso tra il popolo cinese un nuovo stile di lavoro, i cui tratti fondamentali sono l’unione della teoria con la pratica, uno stretto legame con le masse e lo sviluppo dell’autocritica.
“Sul governo dl coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Un partito non può guidare un grande movimento rivoluzionario fino alla vittoria se non conosce la teoria rivoluzionaria, se non conosce la storia, se non comprende a fondo il movimento nella sua realtà effettiva.
“Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale” (ottobre 1935), Opere scelte di Mao Tse-Tung, vol. II.
La rettifica é, come dicevamo, un “movimento generale per l’educazione marxista”. E’ infatti lo studio, in tutto il Partito, del marxismo per mezzo della critica e dell’autocritica. Nel corso di questo movimento, noi approfondiremo certamente la nostra conoscenza del marxismo.
“Intervento alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese sui lavoro dl propaganda” (12 marzo 1957).
E’ un arduo compito quello di garantire un degno livello di vita a centinaia di milioni di cinesi, di trasformare il nostro paese, economicamente e culturalmente arretrato, in un paese prospero, potente, munito di una cultura altamente sviluppata. Ed è per meglio affrontare questo compito e per meglio lavorare insieme con tutti gli uomini di buona volontà che stanno al di fuori del Partito, che noi, decisi a realizzare fino in fondo le trasformazioni, ora come in avvenire, dobbiamo mettere in atto movimenti di rettifica e correggere senza tregua ciò che d’erroneo è in noi.
“Intervento alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese sui lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
La politica è il punto di partenza di qualsiasi azione pratica di un partito rivoluzionario e si manifesta nello sviluppo e nelle conclusioni delle azioni di questo partito. Ogni azione di un partito rivoluzionario è l’applicazione della sua politica. Se esso non applica una politica giusta, applica una politica errata; se non applica una politica consapevolmente, la applica ciecamente. Ciò che noi chiamiamo esperienza, è il processo d’applicazione di una politica e la conclusione di questo processo. Soltanto attraverso la pratica del popolo, cioè attraverso l’esperienza, noi possiamo verificare se una politica è giusta o errata, e stabilire in quale misura è giusta e in quale misura è errata. Ma la pratica degli uomini, e specialmente la pratica di un partito rivoluzionario e delle masse rivoluzionarie, va necessariamente connessa ad una politica o ad un’altra. Di conseguenza, prima di intraprendere un’azione, dobbiamo spiegare con chiarezza ai membri del Partito e alle masse la politica che noi abbiamo formulato alla luce delle circostanze. In caso contrario, i membri del Partito e le masse si scosteranno dalla direzione politica decisa dal nostro Partito, agiranno alla cieca e applicheranno una politica errata.
“A proposito della politica riguardante l’industria e il commercio” (27 febbraio 1948), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Il nostro Partito ha stabilito la linea generale e la politica generale della rivoluzione cinese e ha tracciato numerose linee di lavoro e misure politiche particolari. Tuttavia, capita spesso che i compagni considerano le linee di lavoro e le misure politiche particolari ma dimenticano la linea generale e la politica generale del Partito. Se ce ne dimentichiamo effettivamente, saremo dei rivoluzionari ciechi, dei mezzi rivoluzionari dalla mente confusa e, applicando una linea di lavoro e delle misure politiche particolari, perderemo la bussola, tenderemo ora a sinistra e ora a destra, e il nostro lavoro ne risentirà.
“Discorso pronunciato ad una conferenza dei quadri della regione liberata dello Sbansisuiyuan” (1 aprile 1948), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
La politica e la tattica sono la vita stessa del Partito; i compagni dirigenti a tutti i livelli devono prestare la loro massima attenzione e non devono mai mostrarsi negligenti a questo proposito.
“Circolare sulla situazione” (20 marzo 1948), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
II. Le classi e la lotta di classe
Lotta di classe – certe classi sono vittoriose, altre vengono eliminate. Questa è la storia, la storia delle civiltà, da millenni. Interpretare la storia da questo punto di vista è quel che si dice materialismo storico; porsi all’opposto di questo punto di vista è idealismo storico.
“Respingete le vostre illusioni e preparatevi alla lotta” (14 agosto 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
In una società divisa in classi, ogni uomo vive in una determinata situazione di classe, e ogni ideologia porta un marchio di classe.
“A proposito della pratica” (luglio 1937) Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
……..le trasformazioni della società sono generate soprattutto dallo sviluppo delle contraddizioni esistenti all’interno di questa, cioè delle contraddizioni tra le forze produttive e i rapporti di produzione, delle contraddizioni tra le classi, delle contraddizioni tra il vecchio e il nuovo. Lo sviluppo di queste contraddizioni spinge la società in avanti, conduce alla sostituzione della vecchia società con una nuova.
“A proposito della contraddizione” (agosto 1937), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Lo spietato sfruttamento economico e l’oppressione politica esercitata sui contadini da parte dei proprietari fondiari costrinsero a più riprese i contadini a ribellarsi contro il loro dominio (..) Queste lotte di classe dei contadini – sollevazioni contadine e guerre contadine – costituirono appunto la forza motrice reale dello sviluppo storico nella società feudale cinese.
“La rivoluzione cinese e il Partito comunista cinese” (dicembre 1939), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
La lotta nazionale è in ultima analisi una lotta di classe. Negli Stati Uniti, i soli ambienti dirigenti reazionari della razza bianca opprimono i negri. Essi non potrebbero in alcun modo rappresentare gli operai, i contadini, gli intellettuali rivoluzionari e le personalità illuminate che costituiscono la schiacciante maggioranza della razza bianca.
“Dichiarazione per sostenere i negri americani nella loro giusta lotta contro la discriminazione razziale praticata dall’imperialismo americano” (8 agosto 1963).
Siamo noi che dobbiamo organizzare il popolo. Siamo noi che dobbiamo organizzarlo per abbattere la reazione in Cina. Tutto ciò che è reazionario si somiglia: fintanto che non lo si colpisce, è impossibile abbatterlo. E’ come quando si scopa un pavimento: dove la scopa non arriva, la polvere da sola non se ne va.
“La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di resistenza contro il Giappone” (13 agosto 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung. vol. IV.
Il nemico non perirà spontaneamente. Né i reazionari cinesi, né le forze aggressive dell’imperialismo americano in Cina si ritireranno spontaneamente dalla scena della storia.
“Portare la rivoluzione fino in fondo” (30 dicembre 1948), Opere scelte di MaoTse-tung, vol. IV.
(..) la rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo; non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. La rivoluzione è un atto di violenza, è l’azione implacabile di una classe che abbatte il potere di un’altra classe.
“A proposito di un’inchiesta sul movimento contadino nello Hunan” (marzo 1927), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Ciang Kai-shek cerca costantemente di strappare al popolo anche la minima frazione di potere, il minimo vantaggio acquistato. E noi? La nostra politica consiste nel rispondergli colpo per colpo e nel batterci per ogni zolla di terra. Noi agiamo come lui. Ciang Kai-shek cerca costantemente di imporre al popolo la guerra, con una spada nella mano sinistra e un’altra spada nella destra. Seguendo il suo esempio, anche noi ricorriamo alle spade… E poiché Ciang Kai-shek ora sta affilando le sue spade, noi dobbiamo affilare le nostre.
“La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di resistenza contro il Giappone” (13 agosto 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Quali sono i nostri amici e quali i nostri nemici? Ecco un problema che nella rivoluzione ha un’importanza capitale. Se nel passato tutte le lotte rivoluzionarie in Cina hanno avuto scarso successo, ciò si deve soprattutto all’incapacità dei rivoluzionari di raccogliere intorno a sé i veri amici per poter colpire i veri nemici. Un partito rivoluzionario è un dirigente di masse, e non si è mai dato il caso in cui una rivoluzione, incanalata da un partito rivoluzionario su una via sbagliata, sia stata coronata da successo. Per essere certi di non incanalare la rivoluzione su una via sbagliata e di raggiungere sicuramente il successo, dobbiamo preoccuparci di raggruppare intorno a noi i nostri veri amici per poter colpire i nostri veri nemici. Per distinguere i veri amici dai veri nemici, occorre analizzare, nei suoi tratti generali, la situazione economica delle classi che compongono la società cinese e l’atteggiamento di ognuna di esse nei riguardi della rivoluzione.
“Le classi della società cinese” (marzo 1926), Opere scelte di Mao Tse-tunzg, vol. I.
(..) tutti i signori della guerra, i burocrati, i compradores e i grandi proprietari terrieri in collusione con gli imperialisti, così come la parte reazionaria degli intellettuali ad essi asservita, sono nostri nemici. Il proletariato industriale è la forza dirigente della nostra rivoluzione. Tutto il semiproletariato e la piccola borghesia sono i nostri amici migliori. Quanto alla media borghesia, sempre esitante, può esserci amica l’ala sinistra, e la destra nemica; dobbiamo però stare sempre in guardia e non permettere alla media borghesia di disorganizzare il nostro fronte.
“Le classi detta società cinese” (marzo 1926). Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario è un rivoluzionario, mentre colui che si allinea al fianco dell’imperialismo, del feudalesimo e del capitalismo burocratico è un controrivoluzionario. Colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario, ma soltanto a parole, e agisce altrimenti, è un rivoluzionario a parole; è un perfetto rivoluzionario colui che si allinea al fianco del popolo rivoluzionario non soltanto a parole ma anche coi suoi atti.
Discorso di chiusura alla Il sessione del I comitato nazionale della conferenza consultiva del Popolo cinese (23 giugno 1950).
Per tutto quanto ci concerne, che si tratti di un individuo, di un partito, di un esercito o di una scuola, ritengo che la mancanza di attacchi contro di noi sia un male, poiché ciò significa necessariamente che noi stiamo facendo causa comune col nemico. Se veniamo attaccati dal nemico, è un bene, poiché ciò dimostra che abbiamo tracciato una linea di demarcazione molto precisa tra noi e il nemico. E se quest’ultimo ci attacca con violenza, dipingendoci a fosche tinte e denigrando tutto ciò che noi facciamo, è meglio ancora, poiché ciò dimostra non soltanto che noi abbiamo tracciato una linea di demarcazione molto precisa tra noi e il nemico, ma anche che abbiamo conseguito un notevole successo nel nostro lavoro.
“Essere attaccati dal nemico è un bene, non un male” (26 maggio 1939).
Noi dobbiamo sostenere tutto ciò contro cui il nemico combatte, e combattere contro tutto ciò che il nemico sostiene.
“Intervista ai tre corrispondenti dell’Agenzia centrale d’informazione e dei giornali Saotangbao e Sinminbao” (16 settembre 1939), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. Il.
Noi siamo sulle posizioni del proletariato e delle masse popolari. Per un comunista questo significa che egli deve essere sulle posizioni del Partito, deve sentire lo spirito di partito ed essere fedele alla politica del Partito.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Iena” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tun vol. III.
Dopo l’annientamento dei nemici armati, rimarranno ancora i nemici disarmati; questi ultimi non si asterranno dal condurre contro di noi una lotta mortale; non dobbiamo mai sottovalutarli. Se noi non poniamo e non comprendiamo fin d’ora il problema in questi termini, commettiamo un gravissimo errore.
“Rapporto alla seconda sessione plenaria del comitato centrale uscito dal VII congresso del Partito comunista cinese” (5 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, voI. IV.
Gli imperialisti e i reazionari del nostro paese non si rassegneranno mai alla loro sconfitta; essi si dibatteranno fino alla fine. Anche quando la pace e l’ordine saranno stati ristabiliti in tutto il paese, essi continueranno in tutti i modi a praticare il sabotaggio e a suscitare torbidi, e in ogni momento cercheranno di ripristinare il loro dominio sulla Cina. Questo è certo e indubitabile; noi, dunque, non dobbiamo assolutamente attenuare la nostra vigilanza.
Discorso inaugurale alla I sessione plenaria della conferenza consultiva politica del Popolo cinese (21 settembre 1949).
In Cina, la trasformazione socialista é, per quanto riguarda la proprietà, praticamente conclusa; le vaste e tempestose lotte di classe condotte dalle masse nei periodi rivoluzionari sono, per l’essenziale, terminate. Sussistono tuttavia residui delle classi rovesciate, quelle dei proprietari fondiari e dei compradores, la borghesia esiste ancora, e la trasformazione della piccola borghesia comincia appena. La lotta delle classi non è ancora giunta alla sua conclusione. La lotta di classe tra il proletariato e la borghesia, tra le diverse forze politiche e tra le ideologie, proletaria e borghese, sarà ancora lunga e soggetta a vicissitudini, e in certi momenti potrà persino diventare molto aspra. Il proletariato cerca di trasformare il mondo sulla base della propria concezione del mondo, e la borghesia sulla base della sua. A questo proposito, il problema di sapere chi avrà la meglio, il socialismo o il capitalismo, non è ancora veramente risolto.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbralo 1957).
Occorrerà ancora un periodo di tempo abbastanza lungo per decidere il risultato della lotta ideologica tra il socialismo e il capitalismo nel nostro paese. La ragione di ciò sta nel fatto che l’influenza della borghesia e degli intellettuali che provengono dalla vecchia società continuerà ancora a lungo nel nostro paese, così come la loro ideologia di classe. Se non si afferra bene questo punto e, a maggior ragione, se non lo si comprende affatto, si commetteranno errori gravissimi e non si riconoscerà la necessità della lotta sul piano ideologico.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Nel nostro paese, l’ideologia borghese e piccolo borghese, le idee antimarxiste sussisteranno ancora a lungo. Nel complesso, da noi, il sistema socialista è stato instaurato. Per l’essenziale, noi abbiamo concluso la trasformazione della proprietà dei mezzi di produzione, ma sul fronte politico e sul fronte ideologico la vittoria non è ancora completa. Sul piano ideologico, il problema di sapere chi avrà la meglio, il proletariato o la borghesia, non è ancora veramente risolto. Noi dovremo condurre una lunga lotta contro l’ideologia borghese e piccolo-borghese. Sarebbe un errore non comprendere questo punto, rinunciare alla lotta ideologica. Ogni idea errata, ogni erba velenosa, ogni genio malefico devono venire sottoposti alla critica: non bisogna mai lasciar loro libero campo. Ma questa critica dev’essere fondata completamente sull’argomentazione, deve essere analitica e convincente, non deve essere brutale, burocratica, metafisica o dogmatica.
“Intervento alla conferenza nazionali del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
Il dogmatismo e il revisionismo si contrappongono entrambi al marxismo. Il marxismo deve necessariamente andare avanti, svilupparsi in ragione dello sviluppo della pratica, non può segnare il tempo. Se si facesse stagnante e stereotipato, non avrebbe più vita. Tuttavia, non si possono infrangere i principi fondamentali del marxismo senza cadere nell’errore. Considerare il marxismo da un punto di vista metafisico, come qualcosa di rigido, è puro e semplice dogmatismo. Negare i principi fondamentali e la verità universale del marxismo è revisionismo, è, cioè, una forma di ideologia borghese. I revisionisti cancellano la differenza tra il socialismo e il capitalismo, tra la dittatura del proletariato e quella della borghesia. Ciò che essi auspicano è, di fatto, non la linea socialista, bensì la linea capitalista. Nelle presenti circostanze, il revisionismo è ancora più nocivo del dogmatismo. Sul fronte ideologico ci incombe un compito importante: quello di criticare il revisionismo.
“Intervento alla conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
Il revisionismo o opportunismo di destra è una corrente ideologica borghese; esso è ancora più pericoloso del dogmatismo. I revisionisti o opportunisti di destra approvano il marxismo a parole e attaccano a loro volta il “dogmatismo.” Ma di fatto, i loro attacchi mirano alla sostanza stessa del marxismo. Essi combattono e snaturano il materialismo e la dialettica, combattono o tentano di indebolire la dittatura democratica popolare e il ruolo dirigente del Partito comunista, oltre che le trasformazioni e le edificazioni socialiste. Nel preciso momento in cui la rivoluzione socialista ha praticamente conseguito la vittoria nel nostro paese, esiste ancora un certo numero di persone che sognano di restaurare il regime capitalista; esse conducono una lotta contro la classe operaia su tutti i fronti, compreso il fronte dell’ideologia. In questa lotta, i revisionisti sono i loro migliori gregari.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
III. Il Socialismo e il Comunismo
Il comunismo è ad un tempo il sistema ideologico completo del proletariato e un nuovo sistema sociale. Diverso da ogni altra ideologia e da ogni altro sistema sociale, il comunismo è il più perfetto, il più progredito, il più rivoluzionario e il più razionale sistema di tutta la storia dell’uomo. L’ideologia e il sistema sociale del feudalesimo trovano ormai posto solo nel museo della storia. Anche l’ideologia e il sistema sociale del capitalismo sono ormai diventati in una parte del mondo (nell’Unione Sovietica) pezzi da museo, mentre negli altri paesi essi assomigliano “a un moribondo che declina rapidamente, come il sole che cala a occidente dietro le montagne,” e anch’essi saranno presto riposti nel museo della storia. D’altra parte, l’ideologia e il sistema sociale comunista si stanno diffondendo nel mondo con l’impeto di una valanga e con la potenza del fulmine; essi faranno fiorire la loro meravigliosa primavera.
“Sulla nuova democrazia” (gennaio 1940), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
In ultima istanza, il regime socialista si sostituirà al regime capitalista; si tratta di una legge oggettiva, indipendente dalla volontà umana. Qualunque sforzo i reazionari impieghino per frenare la ruota della storia nel suo movimento in avanti,
Noi comunisti non abbiamo mai celato le nostre aspirazioni politiche. Il nostro programma futuro, o programma massimo, ha come scopo di portare la Cina ad uno stadio superiore, allo stadio del socialismo e del comunismo. Ciò è assolutamente chiaro e non vi può essere alcun dubbio in merito. Il nome stesso del nostro Partito e la nostra concezione marxista indicano chiaramente questo ideale magnifico, incomparabilmente luminoso, che noi attueremo in avvenire.
“Sul governo di coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung. vol. III.
…l’insieme del movimento rivoluzionario cinese, che si svolge sotto la direzione del Partito comunista cinese, è un movimento rivoluzionario completo, che abbraccia due fasi rivoluzionarie: la fase democratica e la fase socialista, che sono due processi rivoluzionari diversi per il loro carattere; la fase socialista può essere raggiunta soltanto dopo aver portato a termine la fase democratica. La rivoluzione democratica è la preparazione necessaria per la rivoluzione socialista, e la rivoluzione socialista è la conseguenza inevitabile della rivoluzione democratica. L’obiettivo finale per cui ogni comunista deve lottare è l’edificazione della società socialista e della società comunista.
“La rivoluzione cinese e il Partito comunista cinese” (dicembre 1939), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Il fine della rivoluzione socialista è quello di liberare le forze produttive. La trasformazione della proprietà individuale in proprietà collettiva socialista negli ambiti dell’agricoltura e dell’artigianato, e quella della proprietà capitalista in proprietà socialista nell’industria e nel commercio privati porteranno necessariamente a una considerevole liberazione delle forze produttive. Verranno cosi create le condizioni sociali per un enorme sviluppo della produzione industriale e agricola.
Discorso alla conferenza suprema dì Stato (25 gennaio 1956).
Attualmente, noi perseguiamo non soltanto una rivoluzione del sistema sociale che trasformi la proprietà privata in proprietà sociale, ma anche una rivoluzione tecnica che faccia passare la produzione artigianale allo stadio della grande produzione meccanizzata moderna. Queste due rivoluzioni sono legate l’una all’altra. Nell’ambito dell’agricoltura, la cooperazione deve precedere l’impiego della grande attrezzatura, e ciò, date le condizioni del nostro paese (nei paesi capitalisti, l’agricoltura segue un orientamento capitalistico). Ne consegue che l’industria e l’agricoltura sono assolutamente inseparabili, come sono inseparabili l’industrializzazione socialista e la trasformazione socialista dell’agricoltura, le quali non possono venire considerate isolatamente; occorre ad ogni costo evitare di attribuire maggior importanza all’una, a detrimento dell’altra.
“Sul problema della cooperazione agricola” (31 luglio 1955).
Il nuovo regime sociale si è appena instaurato e occorre un certo tempo perché si consolidi. Non dobbiamo credere che sia già consolidato appena instaurato; ciò è impossibile. Esso può consolidarsi soltanto progressivamente. Affinché sia consolidato in modo definitivo, occorre realizzare l’industrializzazione socialista del paese, perseguire con tenacia la rivoluzione socialista sul fronte economico e, inoltre, sviluppare sul fronte politico e ideologico duri e costanti sforzi in vista della rivoluzione e dell’educazione socialiste. Peraltro, è necessario che a ciò contribuiscano diverse condizioni internazionali.
“Intervento alla conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
Nel nostro paese, la lotta per il consolidamento del regime socialista, la lotta che deciderà del socialismo o del capitalismo, si svilupperà ancora durante un lungo periodo storico. Ma noi dobbiamo renderci conto che il nuovo regime socialista si consoliderà infallibilmente. E’ certo che noi possiamo edificare un paese socialista dotato di un’industria, di un’agricoltura, di una scienza e di una cultura moderne.
“Intervento alla conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
Gli intellettuali ostili al nostro Stato sono in numero infimo. Si tratta di persone che non amano il nostro Stato, fondato sulla dittatura del proletariato; essi rimpiangono la vecchia società. Ad ogni minima occasione, essi fomentano torbidi, e cercano di rovesciare il Partito comunista e di restaurare il vecchio regime. Tra la via del proletariato e quella della borghesia, cioè tra la via del socialismo e quella del capitalismo, essi si ostinano a seguire la seconda. Infatti, essendo quest’ultima inpraticabile, essi sono pronti a capitolare di fronte all’imperialismo, al feudalesimo e al capitalismo burocratico. Simili persone s’incontrano negli ambienti della politica, dell’industria, del commercio, della cultura, dell’insegnamento, come negli ambienti scientifici, tecnici e religiosi. Esse sono estremamente reazionarie
“Intervento alla conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro dl propaganda” (12 marzo 1957).
Il grande problema è quello dell’educazione dei contadini. L’economia contadina è frammentata, e la socializzazione dell’agricoltura, a giudicare dall’esperienza dell’Unione Sovietica, richiederà un tempo molto lungo e un minuzioso lavoro. Senza socializzazione dell’agricoltura non può darsi un socialismo integrale, solido.
“Sulla dittatura democratica popolare” (30 giugno 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Dobbiamo essere convinti che, I) le masse contadine desiderano impegnarsi progressivamente, sotto la direzione del Partito, sulla via del socialismo; e, II) che il Partito è capace di dirigere i contadini su questa via. Questi due punti costituiscono l’essenza del problema e riflettono la tendenza generale.
“Sul problema della cooperazione agricola” (31 luglio 1955).
Gli organi dirigenti delle cooperative devono garantire la preponderanza, nel loro seno, degli attuali contadini poveri e dei nuovi contadini medi dello strato inferiore; essi potranno contare sull’appoggio dei vecchi contadini medi dello strato inferiore e dei contadini medi dello strato superiore, vecchi o nuovi. Soltanto così’ sarà possibile, conformemente alla politica del Partito, realizzare l’unità dei contadini poveri e dei contadini medi, consolidare le cooperative, sviluppare la produzione e portare a termine come si deve la trasformazione socialista in tutto l’insieme delle regioni rurali. In caso contrario, l’unità dei contadini medi e dei contadini poveri, il consolidamento delle cooperative, lo sviluppo della produzione e la trasformazione socialista in tutto l’insieme delle regioni rurali saranno impossibili.
Nota all’articolo “come i contadini poveri hanno tolto di mano lì potere ai contadini medi nella cooperativa agricola di produzione di Wutang, cantone dl Kaochan, distretto di Changsba” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
Occorre raccogliere intorno a noi i contadini medi; non farlo sarebbe un errore. Ma la classe operaia e il Partito comunista su chi devono contare, nelle nostre campagne, per poterli unire, in vista della trasformazione socialista in tutto l’insieme delle regioni rurali? Beninteso, unicamente sui contadini poveri. Così avvenne quando noi lottavamo contro i proprietari fondiari e realizzavamo la riforma agraria. Così avviene ancora oggi che lottiamo contro i contadini ricchi e contro ogni fattore capitalistico, per realizzare la trasformazione dell’agricoltura. All’inizio di questi due periodi rivoluzionari, i contadini medi si sono mostrati esitanti. E soltanto quando si rendono chiaramente conto della tendenza generale della situazione e vedono che il trionfo della rivoluzione è imminente, passano dalla parte di quest’ultima. I contadini poveri devono agire sui contadini medi, devono conquistarli alla loro causa affinché la rivoluzione acquisti ogni giorno maggior ampiezza, e ciò fino alfa vittoria finale.
Nota all’articolo “Lezioni tratte dal sorgere di ‘cooperative di contadini medi,’ e di ‘cooperative di contadini poveri’ nel distretto di Fuan” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
Esiste una seria tendenza al capitalismo presso i contadini agiati. Essa prenderà libero corso se noi trascureremo anche di poco il nostro lavoro politico presso i contadini durante il movimento di cooperazione e nel corso di un lungo periodo futuro.
Nota all’articolo “condurre una lotta risoluta contro la tendenza al capitalismo” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
Il movimento di cooperazione agricola è stato, fin dall’inizio, una seria lotta ideologica e politica. Nessuna cooperativa può essere fondata senza una simile lotta. Affinché un sistema sociale completamente nuovo possa essere edificato al posto del vecchio, occorre innanzitutto sbarazzare il terreno. Le sopravvivenze dell’ideologia che riflette il vecchio sistema permangono necessariamente, e per lungo tempo, nella mente delle persone, e non si estinguono facilmente. Dopo la sua creazione, una cooperativa deve attraversare ancora numerose lotte prima di consolidarsi. E anche dopo il proprio consolidamento, per poco che attenui i suoi sforzi, rischia di fallire.
Nota all’articolo “Una severa lezione” (1955), Il grande balzo in avanti del Socialismo nelle campagne cinesi.
Nel corso di questi ultimi anni, la tendenza spontanea al capitalismo nelle campagne si afferma ogni giorno di più, e ovunque si vedono comparire dei contadini ricchi; numerosi contadini agiati medi cercano di diventare contadini ricchi. Numerosi contadini poveri, che non dispongono di mezzi di produzione sufficienti, sono ancora bisognosi; alcuni hanno debiti, altri hanno venduto o hanno affittato la loro terra. Se lasciamo che questo stato di cose si sviluppi, il fenomeno di differenziazione verso i due poli si aggraverà inevitabilmente. I contadini che hanno perduto la loro terra e quelli che ancora vivono in stato di povertà ci rimprovereranno di non soccorrerli e di non aiutarli a superare le loro difficoltà. I contadini agiati medi che tendono a imboccare la via del capitalismo saranno essi pure scontenti di noi; difatti, noi non potremo mai soddisfare alle loro esigenze poiché non abbiamo l’intenzione di seguire la via del capitalismo. In una simile situazione, sarebbe ancora possibile consolidare l’alleanza degli operai e dei contadini? Evidentemente no. Il problema può essere risolto su una nuova base: procedendo gradualmente alla industrializzazione socialista e alla trasformazione socialista dell’artigianato, dell’industria e del commercio capitalistici, occorre realizzare progressivamente la trasformazione socialista dell’agricoltura nel suo insieme, e cioè la cooperazione, occorre liquidare l’economia dei contadini ricchi oltre che il sistema degli sfruttamenti individuali nelle regioni rurali, e ciò darà agiatezza a tutto il popolo delle nostre campagne. Secondo noi, soltanto cosi l’alleanza degli operai e dei contadini potrà venire consolidata.
“Sul problema della cooperazione agricola” (31 luglio 1955).
Per pianificazione globale va intesa una pianificazione che tenga conto dell’insieme degli interessi dei nostri 600 milioni di abitanti. Quando definiamo un piano, quando regoliamo una faccenda o quando riflettiamo su un problema, dobbiamo sempre partire dal fatto che il nostro paese ha 600 milioni di abitanti; in nessun caso dobbiamo dimenticarcene.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
A parte la direzione del Partito, un fattore decisivo è la nostra popolazione, che conta 600 milioni di abitanti. Quanto più numerose sono le persone e tanto più insorgono discussioni, tanto più c’è ardore ed energia. Mai le masse sono state cosi entusiaste, mai la loro combattività e il loro morale sono stati tanto alti.
“Inaugurazione di una cooperativa” (15 aprile 1958).
Delle caratteristiche della Cina, fatta di 600 milioni di persone, quella che colpisce è la povertà e lo spogliamento. Cose cattive, in apparenza, ma buone in realtà. La povertà induce alla trasformazione, all’azione, alla rivoluzione. Su un foglio bianco, tutto è possibile: ci si può scrivere o disegnare tutto ciò che c’è di più nuovo e di più bello.
“Inaugurazione di una cooperativa” (15 aprile 1958).
Quando la rivoluzione cinese avrà trionfato in tutto il paese e quando il problema agricolo sarà risolto, in Cina continueranno tuttavia a sussistere due contraddizioni fondamentali. La prima, di ordine interno, è la contraddizione tra la classe operaia e la borghesia. La seconda, di ordine esterno, è la contraddizione tra la Cina e i paesi imperialisti. Ecco perché, dopo la vittoria della rivoluzione democratica popolare, il potere di Stato della repubblica popolare sotto la direzione della classe operaia non dovrà venire indebolito, bensì rafforzato.
“Rapporto alla seconda sessione plenaria del comitato centrale uscito dal VII congresso del Partito comunista cinese” (5 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
“Ma allora voi non volete sopprimere il potere dello Stato?” Si’, noi vogliamo sopprimerlo, ma non ora; non possiamo ancora farlo. Perché? Perché l’imperialismo continua a esistere, perché la reazione interna continua a esistere, perché le classi continuano a esistere all’interno del paese. Il nostro compito attuale è quello di rafforzare l’apparato dello Stato popolare, e principalmente l’esercito popolare, la polizia popolare e la giustizia popolare, al fine di consolidare la difesa nazionale e di proteggere gli interessi del popolo.
“Sulla dittatura democratica popolare” (30 giugno 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Il nostro Stato ha come regime la dittatura democratica popolare diretta dalla classe operaia e fondata sull’alleanza degli operai e dei contadini. Quali sono le funzioni di questa dittatura? La sua prima funzione è quella di esercitare la repressione, all’interno del paese, sulle classi e sugli elementi reazionari oltre che contro gli sfruttatori che avversano la rivoluzione socialista, su coloro che minano l’edificazione socialista, vale a dire: quella di risolvere le contraddizioni tra noi e i nostri nemici all’interno del paese. Per esempio: arrestare, giudicare e condannare certi controrivoluzionari, togliere, per un certo periodo di tempo, il diritto di voto e la libertà di espressione ai proprietari fondiari e ai capitalisti burocratici e tutto ciò, nel campo di applicazione della nostra dittatura. Per mantenere l’ordine nella società e difendere gli interessi delle masse popolari, è del pari necessario esercitare la dittatura sui ladri, gli usurai, gli assassini, gli incendiari, le bande di malfattori e gli altri cattivi elementi che turbano seriamente l’ordine pubblico. La dittatura ha una seconda funzione: quella di difendere il nostro paese dalle attività sovversive e dalle eventuali aggressioni da parte dei nemici esterni. In questo caso, la dittatura ha come compito quello di risolvere sul piano esterno le contraddizioni tra noi e i nostri nemici. Lo scopo della dittatura è quello di proteggere il popolo intero nel pacifico lavoro che esso continua per trasformare la Cina in un paese socialista dotato di un’industria, di un’agricoltura, di una scienza e di una cultura moderne.
“Nella giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
La dittatura democratica popolare ha bisogno della classe operaia, perché essa è la classe più chiaroveggente, più disinteressata, è la classe in cui lo spirito rivoluzionario è più coerente. Tutta la storia della rivoluzione dimostra che, senza la direzione della classe operaia, la rivoluzione fallisce, mentre trionfa sotto la direzione della classe operaia.
“Sulla dittatura democratica popolare” (30 giugno 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
La dittatura democratica popolare è fondata sulla alleanza della classe operaia, dei contadini e della piccola borghesia urbana, e principalmente sull’alleanza degli operai e dei contadini, perché queste classi rappresentano dall’80 al 90 per cento della popolazione cinese. Il rovesciamento dell’imperialismo e della cricca dominante del Kuomintang è dovuto innanzitutto alla forza di queste due classi, e il passaggio dalla nuova democrazia al socialismo dipende principalmente dalla loro alleanza.
“Sulla dittatura democratica popolare” (30 giugno 3949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
La lotta delle classi, la lotta per la produzione e per la sperimentazione scientifica sono i tre grandi movimenti rivoluzionari dell’edificazione di un potente paese socialista. Questi movimenti costituiscono una sicura garanzia capace di permettere ai comunisti di rimanere immuni da ogni burocrazia, di premunirsi contro il revisionismo e il dogmatismo e di rimanere costantemente invincibili, una sicura garanzia capace di consentire al proletariato di unirsi alle larghe masse lavoratrici e di praticare una dittatura democratica. Se, in assenza di questi movimenti, si permettesse ai proprietari fondiari, ai contadini ricchi, ai controrivoluzionari, ai cattivi elementi e ai geni malefici di scatenarsi; se nel contempo i nostri quadri dovessero chiudere gli occhi; se un certo numero di essi giungessero a non distinguere tra noi e il nemico, e collaborassero col nemico, lasciandosi da esso corrompere, demoralizzare e disunire; se i nostri quadri fossero trascinati nel campo nemico o se il nemico dovesse riuscire a infiltrarsi tra i nostri ranghi; e se numerosi nostri operai, contadini, intellettuali si lasciassero a loro volta affascinare o intimidire dal nemico, in tutti questi casi poco tempo passerebbe, forse qualche anno o un decennio, al massimo qualche decennio, prima che inevitabilmente una restaurazione controrivoluzionaria avesse luogo su scala nazionale, che il partito marxista-leninista diventasse un partito revisionista, un partito fascista, prima che tutta la Cina cambiasse colore.
Citato in “Lo pseudo-comunismo di Kruscev e le lezioni storiche che esso impartisce al mondo” (14 luglio 1964).
L’esercizio della dittatura democratica popolare implica due metodi. Nei confronti dei nemici, noi applichiamo quello della dittatura; in altri termini: per tutto il tempo che sarà necessario, noi non permetteremo loro di partecipare all’attività politica, li obbligheremo a sottomettersi alle leggi del governo popolare, li costringeremo a lavorare con le loro mani affinché si trasformino in uomini nuovi. Per contro, nei confronti del popolo, non il metodo della coercizione, bensì il metodo democratico viene applicato; in altri termini: il popolo deve poter partecipare all’attività politica; occorre applicare, nei suoi confronti, i metodi democratici di educazione e di persuasione, invece che obbligarlo a fare questa o quest’altra cosa.
Discorso dl chiusura alla II sessione del I comitato nazionale della conferenza consultiva del Popolo cinese (23 giugno 1950).
Il popolo cinese, sotto la direzione del Partito comunista, sta conducendo un vigoroso movimento di rettifica, allo scopo di conseguire un rapido successo per la causa del socialismo in Cina, e su una base ancora più solida. Si tratta di risolvere correttamente le diverse contraddizioni che esistono effettivamente nel popolo e che nell’ora attuale esigono di essere risolte. A questo fine, nell’ambito di tutto il nostro popolo è stato organizzato un grande dibattito, un dibattito diretto e libero, appoggiato sui fatti e sugli argomenti, nelle città come nelle campagne, e riguardante le questioni della via socialista e della via capitalista, del regime fondamentale e delle importanti misure dello Stato, dello stile di lavoro dei quadri del Partito e del governo, e del benessere del popolo. Si tratta di un movimento socialista attraverso il quale il popolo si educa e si riforma da sé.
“Intervento alla riunione del Soviet supremo dell’URSS per la celebrazione del 40° anniversario della grande Rivoluzione socialista di ottobre” (6 novembre 1957).
Il nostro lavoro di grandiosa edificazione ci pone di fronte a un compito estremamente arduo. Sebbene i comunisti siano in Cina più di dieci milioni, essi rappresentano soltanto una minima parte della popolazione del paese. Nei nostri organi di Stato e nell’insieme delle attività della nostra società, la mole del lavoro richiede la collaborazione dei non-comunisti. Se noi non sappiamo appoggiarci alle masse popolari, se non sappiamo collaborare coi non-comunisti, non ci sarà possibile condurre a buon fine il nostro lavoro. Pur rafforzando l’unità del Partito, dobbiamo continuare a consolidare l’unione delle varie nazionalità, delle classi democratiche, dei partiti democratici e delle organizzazioni popolari, a consolidare e ad allargare il nostro fronte unico democratico popolare; in tutti i settori del nostro lavoro, dobbiamo porre rimedio a tutto ciò che compromette l’unione tra il Partito e il popolo.
Discorso inaugurate dell’ VIII congresso del Partito comunista cinese” (15 settembre 1956).
IV. La giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo
Siamo in presenza di due tipi di contraddizioni sociali le contraddizioni tra noi e i nostri nemici e le contraddizioni nel popolo. Si tratta di due tipi di contraddizione completamente diversi.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Per avere una giusta conoscenza di questi due tipi di contraddizioni – contraddizioni tra noi e i nostri nemici e contraddizioni nel popolo – è innanzitutto necessario precisare che cosa occorra intendere per “popolo” e che cosa occorra intendere per “nemici.” … Nella fase attuale, che è quella dell’edificazione socialista, tutte le classi e tutti gli strati sociali, tutti i gruppi sociali che appoggiano questa edificazione, e vi partecipano, formano il popolo, mentre tutte le forze sociali e tutti i gruppi sociali che si oppongono alla rivoluzione socialista, che sono ostili all’edificazione socialista o cercano di sabotarla, sono i nemici del popolo.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nei popolo” (27 febbraio 1957).
Nelle condizioni attuali del nostro paese, le contraddizioni nel popolo includono le contraddizioni in seno alla classe operaia, le contraddizioni tra i contadini, le contraddizioni tra gli intellettuali, le contraddizioni tra la classe operaia e i contadini, le contraddizioni che oppongono gli operai e i contadini agli intellettuali, le contraddizioni che oppongono gli operai e gli altri lavoratori alla borghesia nazionale, le contraddizioni in seno alla borghesia nazionale, ecc.
Il nostro governo popolare è l’autentico rappresentante degli interessi del popolo, esso è al servizio di quest’ultimo; ma anche tra esso e le masse si danno contraddizioni. Queste contraddizioni sono, in particolare, quelle che esistono tra gli interessi dello Stato, della collettività e dell’individuo, tra la democrazia e il centralismo, tra i dirigenti e coloro che sono diretti, tra certi lavoratori dello Stato che applicano uno stile burocratico di lavoro e le masse popolari. Anche qui si tratta di contraddizioni nel popolo. In senso generale, le contraddizioni nel popolo si fondano sulla fondamentale identità degli interessi del popolo.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Le contraddizioni tra noi e i nostri nemici sono contraddizioni antagonistiche. In seno al popolo, le contraddizioni tra i lavoratori non sono antagonistiche e le contraddizioni tra la classe sfruttata e la classe sfruttatrice presentano, oltre che un aspetto antagonistico, un aspetto non antagonistico.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Come stabilire, nel quadro della vita politica del nostro popolo, se le nostre parole e i nostri atti sono giusti o errati? Noi consideriamo che, secondo i principi della nostra Costituzione e in conformità con la volontà della stragrande maggioranza della nostra popolazione e coi programmi politici proclamati in diverse occasioni dai nostri partiti politici, è possibile formulare, nelle loro linee generali, i criteri che seguono:
E’ giusto:
1) ciò che favorisce l’unione del popolo delle diverse nazionalità del nostro paese e non ciò che provoca la divisione in seno al medesimo;
2) ciò che favorisce la trasformazione e l’edificazione socialiste e non ciò che nuoce a questa trasformazione e a questa edificazione;
3) ciò che favorisce il rafforzamento della dittatura democratica popolare e non ciò che mina o indebolisce questa dittatura;
4) ciò che favorisce il rafforzamento del centralismo democratico e non ciò che lo mina o lo indebolisce;
5) ciò che favorisce il rafforzamento della direzione del Partito comunista e non ciò che frena o indebolisce questa direzione;
6) ciò che favorisce la solidarietà internazionale socialista e la solidarietà internazionale di tutti i popoli pacifici e non ciò che pregiudica queste due forme di solidarietà.
Di questi sei criteri, i più importanti sono quello della via socialista e quello del ruolo dirigente del Partito.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
L’eliminazione dei controrivoluzionari è una lotta che rientra nell’ambito delle contraddizioni tra noi e i nostri nemici. In seno al popolo, esistono persone che vedono questo problema in un modo un po’ diverso. Due categorie di persone hanno dei punti di vista che divergono dai nostri. Coloro che hanno un punto di vista di destra non fanno differenza tra noi e i nostri nemici, scambiano i nemici per uomini nostri. Considerano amici persone che le larghe masse considerano nemiche. Coloro che hanno un punto di vista di sinistra amplificano il campo delle contraddizioni tra noi e i nostri nemici al punto da farvi rientrare anche certune delle contraddizioni nel popolo; essi considerano controrivoluzionarie persone che in realtà non lo sono. Questi due punti di vista sono errati. Né l’uno né l’altro permettono di risolvere la questione dell’eliminazione dei controrivoluzionari, né di valutare correttamente i risultati del nostro lavoro in questo senso.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Le contraddizioni che sono qualitativamente diverse non possono essere risolte se non mediante metodi qualitativamente diversi. Cosi, la contraddizione tra il proletariato e la borghesia si risolve mediante la rivoluzione socialista; la contraddizione tra le masse popolari e il regime feudale, mediante la rivoluzione democratica; la contraddizione tra le colonie e l’imperialismo, mediante la guerra rivoluzionaria nazionale; la contraddizione tra la classe operaia e i contadini nella società socialista, mediante la collettivizzazione e la meccanizzazione dell’agricoltura; le contraddizioni in seno al Partito comunista si risolvono mediante la critica e l’autocritica; le contraddizioni tra la società e la natura, mediante lo sviluppo delle forze produttive. … Risolvere contraddizioni diverse mediante metodi diversi è un principio che i marxisti-leninisti devono osservare rigorosamente.
“A proposito della contraddizione” (agosto 1937), Opere acelte di Mao Tse-tung, vol. I
Poiché le contraddizioni tra noi e il nostro nemico sono diverse dalle contraddizioni nel popolo, esse devono venire risolte mediante metodi diversi. In sostanza si tratta, per il primo tipo di contraddizioni, di stabilire una distinzione chiara tra il nemico e noi, e, per il secondo tipo, tra il vero e il falso. Beninteso, stabilire una distinzione chiara tra il nemico e noi è, insieme, distinguere il vero dal falso. Cosi – a titolo d’esempio, il problema di sapere chi ha ragione e chi ha torto – noi oppure le forze reazionarie interne ed esterne, come l’imperialismo, il feudalesimo e il capitale burocratico – è insieme un problema di distinzione tra il vero e il falso, ma è problema diverso, per sua natura, dai problemi intorno al vero e al falso che si pongono nell’ambito del popolo.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Tutte le questioni di ordine ideologico, tutte le controversie in seno al popolo non possono essere risolte se non mediante metodi democratici, metodi di discussione, di critica, di persuasione e di educazione; non si possono risolvere mediante metodi coercitivi e repressivi.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Per poter esercitare un’attività produttiva efficace, per studiare con successo e per vivere in condizioni in cui regna l’ordine, il popolo esige dal suo governo, dai dirigenti della produzione e dai dirigenti delle istituzioni culturali ed educative, che vengano emessi ordini amministrativi appropriati e provvisti di un carattere vincolante. Il buon senso dice che senza questi ultimi sarebbe impossibile mantenere l’ordine nella società. Nella soluzione delle contraddizioni nel popolo, gli ordini amministrativi e i metodi di persuasione e di educazione s’integrano a vicenda. Occorre che gli ordini amministrativi emessi per mantenere l’ordine nella società siano insieme accompagnati da un lavoro di persuasione e di educazione, poiché il mero ricorso agli ordini amministrativi è, in numerosi casi, del tutto inefficace.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
L’ideologia della borghesia e quella della piccola borghesia troveranno certamente modo di manifestarsi. Per certo, queste due classi si ostineranno ad affermarsi con tutti i mezzi nelle questioni politiche e ideologiche. E’ impossibile che avvenga altrimenti. Noi non dobbiamo ricorrere a metodi repressivi per impedire loro di manifestarsi; dobbiamo permetterglielo, e nello stesso tempo dobbiamo discutere con queste classi e criticare in modo adeguato le loro idee. E’ fuori dubbio che noi dobbiamo sottoporre a critica ogni specie di idee errate. Certamente, non si può rinunciare a criticare le idee errate e guardarle mentre si diffondono ovunque e conquistano il mercato – ogni errore va criticato, ogni erba velenosa va combattuta – ma questa critica non dev’essere dogmatica; occorre scartare il metodo metafisico e fare tutto il possibile per applicare il metodo dialettico. La critica richiede l’analisi scientifica e un’argomentazione esaustiva e convincente.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Occorre criticare i difetti del popolo, ma occorre anche farlo partendo veramente dalla posizione del popolo; la nostra critica dev’essere ispirata dall’ardente desiderio di difenderlo e di educarlo. Trattare i propri compagni come si tratta il nemico significa adottare la posizione di quest’ultimo.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung. vol. III.
Le contraddizioni e la lotta sono universali e assolute, ma i metodi per risolvere le contraddizioni, vale a dire le forme di lotta, variano a seconda del carattere di queste contraddizioni: certe contraddizioni rivestono il carattere di un antagonismo dichiarato, altre no. Aderendo allo sviluppo concreto delle cose e dei fenomeni, certe contraddizioni che sono inizialmente non antagonistiche si sviluppano diventando contraddizioni antagonistiche, mentre altre, inizialmente antagonistiche, si sviluppano diventando contraddizioni non antagonistiche.
“A proposito della contraddizione” (agosto 1937), Opere scelte di Mao Tse-tung, voi. I.
Nelle condizioni abituali, le contraddizioni nel popolo non sono antagonistiche. Tuttavia, esse possono diventare tali se non vengono regolate in modo corretto o se si manca di vigilanza e se ci si abbandona alla trascuratezza e alla negligenza. Nei paesi socialisti, questo fenomeno è solitamente soltanto parziale e temporaneo. La ragione di ciò sta nel fatto che lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo vi è soppresso e che gli interessi del popolo sono sostanzialmente identici.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni ne] popolo” (27 febbraio 1957).
Nel nostro paese, le contraddizioni tra la classe operaia e la borghesia nazionale rientrano tra quelle contraddizioni che si manifestano in seno al popolo. La lotta di classe tra la classe operaia e la borghesia nazionale dipende in generale dall’ambito della lotta di classe nel popolo, poiché, nel nostro paese, la borghesia nazionale riveste un duplice carattere. Nel periodo della rivoluzione democratica borghese, essa presentava un carattere rivoluzionario, ma, contemporaneamente, essa nutriva una tendenza al compromesso. Nel periodo della rivoluzione socialista, essa sfrutta la classe operaia e ne trae profitto, ma contemporaneamente sostiene la Costituzione e si mostra disposta ad accettare la trasformazione socialista. Essa si differenzia dagli imperialisti, dai proprietari fondiari e dalla borghesia burocratica. Le contraddizioni che l’oppongono alla classe operaia sono contraddizioni tra sfruttatori e sfruttati; queste contraddizioni sono certamente di natura antagonistica. Tuttavia, nelle condizioni concrete del nostro paese, le contraddizioni antagonistiche tra queste due classi possono trasformarsi in contraddizioni non antagonistiche e, se verranno trattate in modo ragionevole, potranno pervenire a una soluzione pacifica. Se le contraddizioni tra la classe operaia e la borghesia nazionale non vengono risolte correttamente, vale a dire: se non adottiamo nei confronti di quest’ultima una politica di unione, di critica e di educazione, oppure se questa borghesia non accetta una simile politica, esse potranno diventare contraddizioni tra noi e i nostri nemici.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
I reazionari all’interno di un paese socialista, in combutta con gli imperialisti, cercano di far trionfare il loro complotto approfittando delle contraddizioni nel popolo per fomentare la divisione e suscitare il disordine. Questa lezione, tratta dai fatti di Ungheria, merita la nostra attenzione.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
V. La guerra e la pace
Le guerre hanno avuto inizio con la comparsa della proprietà privata e delle classi, e sono la forma suprema di lotta, la forma alla quale si ricorre per risolvere i contrasti fra le classi, le nazioni, gli Stati, i blocchi politici, quando questi contrasti sono giunti a una certa fase di sviluppo.
“Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” (dicembre 1936), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
“La guerra è la continuazione della politica.” In questo senso la guerra è politica; essa è dunque, in sé, un atto politico; fin dai tempi più antichi non c’è mai stata guerra che non avesse un carattere politico…
Ma la guerra ha anche i suoi caratteri specifici. In questo senso non è identica alla politica in generale, “La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi.” Una guerra scoppia per eliminare gli ostacoli che insorgono sulla via della politica, quando questa ha raggiunto un certo stadio che non può essere superato coi mezzi consueti… Quando l’ostacolo è eliminato e lo scopo politico è stato conseguito, la guerra finisce. Fintanto che l’ostacolo non è ancora completamente eliminato, occorre prolungare la guerra fino a quando abbia conseguito il suo scopo politico… Ecco perché si può dire che la politica è una guerra senza spargimento di sangue e la guerra una politica con spargimento di sangue.
“Sulla guerra di lunga durata” (maggio 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
La storia insegna che le guerre si distinguono in due categorie: le guerre giuste e le guerre ingiuste. Ogni guerra progressista è giusta e ogni guerra che ostacoli il progresso è ingiusta. Noi comunisti lottiamo contro tutte le guerre ingiuste che ostacolano il progresso, ma non siamo contro le guerre progressiste, contro le guerre giuste. Noi comunisti, non soltanto non lottiamo contro le guerre giuste, ma anzi vi prendiamo parte attivamente. La prima guerra mondiale è un esempio di guerra ingiusta; entrambe le parti combattevano per interessi imperialistici, ed è questa la ragione per cui i comunisti del mondo intero vi si opposero risolutamente. Ed ecco come occorre lottare contro una simile guerra: prima che essa scoppi, occorre fare tutti gli sforzi possibili per impedirla, ma una volta che è scoppiata, occorre, appena possibile, lottare contro la guerra mediante la guerra, contrapporre a una guerra ingiusta una guerra giusta.
“Sulla guerra di lunga durata” (maggio 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Nella società classista, le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili; senza di esse, è impossibile ottenere uno sviluppo a salti della società, è impossibile rovesciare la classe reazionaria dominante e permettere al popolo di impadronirsi del potere.
“A proposito della contraddizione” (agosto 1937), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Una guerra rivoluzionaria agisce come una specie di controveleno, non soltanto sul nemico, di cui spezzerà la furia forsennata, ma anche sulle nostre proprie file, liberandole dà tutto ciò che possono contenere di malsano. Ogni guerra giusta, rivoluzionaria, è una grandissima forza; essa può trasformare moltissime cose o aprire la strada alla loro trasformazione. La guerra cino-giapponese trasformerà sia la Cina sia il Giappone. Basta che la Cina continui con fermezza la guerra di resistenza e applichi fermamente una politica di fronte unito perché il vecchio Giappone si trasformi inevitabilmente in un Giappone nuovo, e la vecchia Cina in una Cina nuova. In Cina come in Giappone, le persone e le cose si trasformeranno, durante il corso della guerra e dopo la guerra.
“Sulla guerra di lunga durata” (maggio 1938), Opere scelte dl Mao Tse-tung, vol. II.
Ogni comunista deve assimilare la seguente verità: che “il potere sta in fondo alla canna del fucile.”
“La guerra e i problemi della strategia” (6 novembre 1938), Opere scelte dl Mao Tse-tung, vol. II.
Il compito centrale e la forma suprema della rivoluzione stanno nella conquista del potere mediante la lotta armata, stanno nella soluzione del problema mediante la guerra. Questo principio rivoluzionario del marxismo-leninismo è valido ovunque, in Cina come negli altri paesi.
La guerra e i problemi della strategia” (6 novembre 1938), Opere scelte dl Mao Tse-tung, vol. lI.
……in Cina, senza lotta armata, non ci sarebbe posto per il proletariato, non ci sarebbe posto per il popolo, non ci sarebbe posto per il Partito comunista e non ci sarebbe vittoria della rivoluzione. Per diciotto anni il compito di sviluppare, rafforzare e bolscevizzare il nostro Partito, è stato affrontato in mezzo a guerre rivoluzionarie; senza la lotta armata non avremmo un Partito comunista come l’attuale. Tutti i compagni del Partito devono tenere presente questa esperienza che abbiamo fatto a prezzo di sangue.
“Presentazione della rivista Il comunista” (4 ottobre 1939), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Dal punto di vista della teoria marxista dello Stato, l’esercito è la parte costitutiva principale del potere di Stato. Colui che vuole impadronirsi del potere dello Stato e conservarlo deve possedere un esercito forte. Certuni fanno dell’ironia nei nostri confronti accusandoci di essere dei fautori dell’onnipotenza della guerra. Ebbene: è proprio cosi! Noi siamo per l’onnipotenza della guerra rivoluzionaria. Ciò non è un male, è un bene, significa essere marxisti. I fucili dei comunisti russi hanno creato il socialismo. Noi vogliamo creare una repubblica democratica. L’esperienza della lotta di classe nell’epoca dell’imperialismo mostra che la classe operaia e le masse lavoratrici non possono vincere le masse armate della borghesia e dei proprietari fondiari se non con la forza dei fucili. In questo senso si può affermare che non è possibile trasformare il mondo se non col fucile.
“La guerra e i problemi della strategia” (6 novembre 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Noi siamo favorevoli all’abolizione delle guerre; noi non vogliamo la guerra. Ma non si può abolire la guerra se non mediante la guerra. Affinché non esistano più fucili, occorre il fucile.
“La guerra e i problemi della strategia” (6 novembre 1938), Opere scelte di Mao Tsce-tung, vol. lI.
La guerra, questo mostro che fa uccidere tra loro gli uomini, verrà in ultima istanza eliminata dallo sviluppo della società umana, e ciò in un futuro non lontano. Ma per distruggere la guerra esiste soltanto un mezzo, ed è quello di lottare con la guerra contro la guerra, con la guerra rivoluzionaria contro la guerra controrivoluzionaria, con la guerra nazionale rivoluzionaria contro la guerra nazionale controrivoluzionaria, con la guerra rivoluzionaria di classe contro la guerra controrivoluzionaria di classe… Quando la società umana, nel corso del suo sviluppo, arriverà alla soppressione delle classi, all’abolizione dello Stato, allora non vi saranno più guerre, né controrivoluzionarie, né rivoluzionarie, né ingiuste, né giuste. Sarà l’epoca della pace perpetua per l’umanità. Quando noi studiamo le leggi della guerra rivoluzionaria partiamo da questa nostra aspirazione alla distruzione di tutte le guerre. Qui sta la differenza fra i comunisti e i rappresentanti di tutte le classi sfruttatrici.
“Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” (dicembre 1936), Opere scelte di Mao Tse-tung, voI. I.
Il nostro paese e gli altri paesi socialisti hanno bisogno della pace, e così gli altri popoli del mondo intero. Soltanto certi gruppi monopolistici di qualche paese imperialista, i quali cercano di arricchire per mezzo dell’aggressione, aspirano alla guerra e non vogliono la pace.
“Discorso inaugurale dell’ VIII Congresso dei Partito comunista cinese” (15 Settembre 1956).
Per stabilire nel mondo una pace durevole, dobbiamo continuare a sviluppare la nostra amichevole cooperazione coi paesi fratelli del campo socialista e rafforzare la nostra solidarietà coi paesi che vogliono la pace. Dobbiamo cercare di stabilire con tutti i paesi che desiderano vivere in pace con noi relazioni diplomatiche normali sulla base del reciproco rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità, oltre che dell’uguaglianza e dei reciproci vantaggi. Infine, dobbiamo prestare un aiuto attivo ai movimenti nazionali d’indipendenza e di liberazione dei paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina, ai movimenti per la pace e alle giuste lotte in tutti i paesi del mondo.
“Discorso inaugurale dell’VIII congresso del Partito comunista cinese” (15 settembre 1956.
Per quanto riguarda i paesi imperialisti, dobbiamo, anche qui, unirci ai loro popoli e cercare di realizzare la coesistenza pacifica con questi paesi, di stabilire rapporti commerciali con essi e di impedire un’eventuale guerra; ma in nessun caso dobbiamo adottare nei loro riguardi delle concezioni che non corrispondono alla realtà.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Noi desideriamo la pace. Tuttavia, se l’imperialismo si ostina a volere la guerra, noi dovremo, e senza esitare, fare la guerra prima ancora di aver edificato il paese. Ogni giorno hai paura della guerra, e se la guerra tuttavia scoppiasse? Ho già detto che il vento dell’est aveva la meglio sul vento dell’ovest, che la guerra non sarebbe scoppiata: adesso formulo questa precisazione supplementare, nel caso in cui la guerra scoppiasse. Così, entrambe le due possibilità saranno state prese in considerazione.
Intervento alla conferenza di Mosca dei Partiti comunisti e operai (18 novembre 1957).
Attualmente, in tutti i paesi del mondo, si discute dell’eventualità di una terza guerra mondiale. Noi dobbiamo essere psicologicamente preparati a una simile eventualità e prenderla in considerazione in modo analitico. Noi siamo risolutamente per la pace e contro la guerra. Ma se gli imperialisti si ostinano a scatenare una nuova guerra, non dobbiamo averne paura. Il nostro atteggiamento nei confronti di questa questione è lo stesso di quello che adottiamo nei confronti di qualsiasi disordine: primo, noi siamo contro e, secondo, non ne abbiamo paura La prima guerra mondiale è stata seguita dalla nascita dell’Unione Sovietica, che ha una popolazione di 200 milioni di abitanti. La seconda guerra mondiale è stata seguita dalla formazione del campo socialista, che include una popolazione di 900 milioni di anime. E’ certo che se gli imperialisti si ostinano a scatenare una terza guerra mondiale, centinaia di milioni di uomini passeranno dalla parte del socialismo e che soltanto un territorio di scarsa estensione resterà in mano agli imperialisti; anzi, è addirittura possibile che il sistema imperialista crolli completamente.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Provocazione di torbidi, fallimento, nuova provocazione, nuovo fallimento, e tutto ciò fino alla loro rovina – tale è la logica degli imperialisti e di tutti i reazionari del mondo nei confronti della causa del popolo; mai andranno contro questa logica. E’, questa, una legge marxista. Quando noi diciamo: “l’imperialismo è feroce,” intendiamo dire che la sua natura non cambierà, e che gli imperialisti non rinunceranno mai ai loro coltellacci da macellaio, non diventeranno mai dei Budda, e ciò fino alla loro rovina.
Lotta, fallimento, nuova lotta, nuovo fallimento, nuova lotta ancora, e ciò fino alla vittoria – tale è la logica del popolo, e nemmeno il popolo andrà mai contro questa logica. E’, anche questa, una legge marxista. La rivoluzione del popolo russo ha seguito questa legge; lo stesso avviene per la rivoluzione del popolo cinese.
“Respingete le vostre illusioni e preparatevi alla lotta” (14 agosto 1949), Opere scelte dl Mao Tse-tung, vol. IV.
La vittoria non deve in alcun modo indurci ad attenuare la nostra vigilanza nei confronti degli insensati complotti degli imperialisti e dei loro lacchè, che cercano la loro rivincita. Chiunque attenuerà la propria vigilanza si ritroverà politicamente disarmato e ridotto in una posizione di passività.
“Discorso al comitato preparatorio della nuova conferenza consultiva politica” (15 giugno 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
I comandanti e i combattenti dell’Esercito popolare di liberazione non devono in alcun modo attenuare la loro volontà di lotta; qualunque pensiero che tenda ad attenuare la volontà di lotta o a sottovalutare il nemico è errato.
“Rapporto alla seconda sessione plenaria del comitato centrale uscito dal VII congresso dei Partito comunista cinese” (5 marzo 1949), Opere scelte dl Mao Tse-tung, vol. IV.
Gli imperialisti e i loro lacchè, i reazionari cinesi, non si rassegneranno mai alla loro sconfitta sulla nostra terra di Cina. Continueranno ad agire in combutta per opporsi al popolo cinese e con tutti i mezzi possibili. Per esempio, essi invieranno i loro agenti ad infiltrarsi nell’interno della Cina, per seminarvi la discordia e suscitare disordini. E’ certo che non rinunceranno mai a queste attività. Oppure, ancora, gli imperialisti inciteranno i reazionari cinesi a bloccare i porti della Cina, persino offrendo loro l’aiuto delle proprie forze. Faranno tutto questo per tutto il tempo che ciò sarà loro possibile. Inoltre, se desiderano lanciarsi in nuove avventure, spediranno truppe a fare incursioni nelle nostre regioni di frontiera: nemmeno questo è impossibile. Bisogna che noi teniamo pienamente conto di tutto questo.
“Discorso al comitato preparatorio della nuova conferenza consultiva politica” (15 giugno 1949), Opere scelte dl Mao Tse-tung, Vol. IV.
Il mondo progredisce, l’avvenire è radioso, nessuno riuscirà a invertire questo corso generale della storia. Noi dobbiamo costantemente far conoscere al popolo i progressi del mondo e il suo avvenire luminoso, allo scopo di aiutare il popolo ad aver fiducia nella vittoria.
“Sui negoziati di Chungking” (17 ottobre 1945), Opere scelte dl Mao Tse-Tung. vol. IV.
VI. L’imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta
Tutti i reazionari sono tigri di carta. Apparentemente sono terribili, ma in realtà non sono poi tanto potenti. A considerare la cosa dal punto di vista dell’avvenire, il popolo è veramente potente, e non i reazionari.
“Intervista con la giornalista americana Anna Louise Strong” (agosto 1946), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Così come al mondo non esiste cosa di cui la natura non sia duplice (è, questa, la legge dell’unità dei contrari), l’imperialismo e tutti i reazionari hanno una duplice natura – sono vere tigri e, nello stesso tempo, tigri di carta. In passato, la classe dei proprietari di schiavi, la classe feudale dei proprietari fondiari e la borghesia furono, prima della loro conquista del potere e per un certo periodo successivo, pieni di vitalità, rivoluzionane e progressiste; erano vere tigri. Ma nel periodo successivo, mentre i loro antagonisti – le classi degli schiavi, i contadini e il proletariato – si facevano maturi e impegnavano la loro lotta contro di esse, una lotta vieppiù violenta, quelle classi dominanti si sono trasformate a poco a poco nel loro contrario, e sono diventate reazionarie, retrograde, tigri di carta. E, in ultima istanza, sono state rovesciate dal popolo o saranno rovesciate un giorno. Ma anche nella lotta a oltranza che il popolo conduceva contro di esse, queste classi reazionarie, retrograde, decadenti, conservavano la loro duplice natura. In un certo senso, erano vere tigri; divoravano le persone, le divoravano a milioni e a decine di milioni. La lotta popolare stava attraversando un periodo di difficoltà e di prove, e il suo percorso era pieno di svolte e di vie traverse. Il popolo cinese ha dovuto consacrare più di cento anni alla lotta per liquidare in Cina il dominio dell’imperialismo, del feudalesimo e del capitalismo burocratico, ha dovuto dare decine di milioni di vite umane prima di giungere, nel 1949, alla vittoria. Vedete: non si trattava forse di tigri vive, di tigri di ferro, di tigri vere? Ma, in ultima istanza, sono diventate tigri di carta, tigri morte, tigri di ricotta. Sono, questi, fatti storici. E non si sono visti, non se n’è sentito parlare? In realtà ce ne sono state migliaia, decine di migliaia! Migliaia e decine di migliaia! Così, considerati nella loro essenza, dal punto di vista dell’avvenire e dall’angolo di visuale strategico, l’imperialismo e tutti i reazionari vanno considerati per quello che sono: tigri di carta. E’ su questa base che si fonda il nostro pensiero strategico. D’altra parte, essi sono anche tigri vive, tigri di ferro, vere tigri; mangiano gli uomini. E’ su questa base che si fonda il nostro pensiero tattico.
Intervento alla riunione a Wuchang dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese (1 dicembre 1958), citato nella nota introduttiva al testo “Intervista con la giornalista americana Anna Louise Strong,” Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Ho affermato che tutti i reazionari ritenuti potenti non sono in realtà che tigri di carta. Ciò per la semplice ragione che essi sono staccati dal popolo. Ebbene, Hitler non era forse una tigre di carta? Hitler non è stato abbattuto? Ho anche affermato che tale era lo zar, l’imperatore di Cina, e così’ l’imperialismo giapponese. Voi vedete che tutti sono stati abbattuti. L’imperialismo americano non è ancora stato abbattuto e, inoltre, possiede la bomba atomica; ma, a mio avviso, anch’esso verrà abbattuto, anch’esso è una tigre di carta.
Intervento alla confererza di Mosca dei Partiti comunisti e operai (18 novembre 1957).
Un proverbio cinese definisce l’azione di certi sciocchi dicendo che “essi sollevano una pietra per lasciarsela cascare sui piedi.” I reazionari di tutti i paesi sono precisamente degli sciocchi di questo genere. Le repressioni di ogni sorta che essi mettano in atto contro il popolo rivoluzionario non possono altro, in definitiva, che spingere il popolo a intensificare la rivoluzione. Le varie repressioni a cui si sono dedicati lo zar e Ciang Kai-shek non hanno forse appunto svolto questo ruolo di stimolo nelle grandi rivoluzioni russa e cinese?
“Intervento alla riunione del Soviet supremo dell’URSS per la celebrazione del 40° anniversario della grande Rivoluzione socialista di ottobre” (6 novembre 1957).
L’imperialismo americano occupa da nove anni il nostro territorio di Formosa, e, ancora recentemente, ha inviato le sue forze armate a occupare il Libano. Gli Stati Uniti hanno istallato centinaia di basi militari distribuite in numerosi paesi, nel mondo intero. Tuttavia, il territorio cinese di Formosa, il Libano, come tutte le altre basi militari all’estero sono altrettanti cappi al collo dell’imperialismo americano. Sono gli americani stessi, e nessun altro, a fabbricare queste corde e a sistemarsele attorno al collo, mettendo in mano l’altro capo della corda al popolo cinese, ai popoli arabi e a tutti i popoli che vogliono la pace e che sono in lotta contro l’aggressione. E quanto più gli aggressori americani indugeranno in questi luoghi, tanto più le corde che loro stringono la gola si tireranno.
Discorso alla conferenza suprema di Stato (8 settembre 1958).
Gli imperialisti non dureranno più molto, poichè stanno commettendo tutti i misfatti possibili. La loro specialità è ora quella di sostenere i reazionari ostili al popolo nei diversi paesi del mondo. Essi occupano numerose colonie, semicolonie e basi militari. Essi minacciano la pace con una guerra atomica. Il che comporta che più del 90 per cento della popolazione mondiale si solleva o sta per sollevarsi contro di loro. Gli imperialisti sono ancora vivi; essi continuano a far si che l’arbitrio regni in Asia, in Africa e nell’America latina. In Occidente, essi opprimono ancora le masse popolari dei diversi paesi. Questa situazione deve cambiare. Incombe ai popoli del mondo intero il compito di porre fine all’aggressione e all’oppressione dell’imperialismo, e in primo luogo dell’imperialismo americano.
Intervista con un giornalista della Agenzia Hsinhua (29 settembre 1958).
L’imperialismo americano detta ovunque le sue leggi, si è posto in una posizione ostile ai popoli del mondo intero e va sempre più isolandosi. Le bombe A e H che esso possiede non riusciranno a intimidire coloro che rifiutano di essere schiavi. E’ impossibile arginare la marea di collera dei popoli contro gli aggressori americani. La lotta dei popoli di tutto il mondo contro l’imperialismo americano e i suoi lacchè otterrà certamente vittorie sempre più grandi.
“Dichiarazione a sostegno della giusta lotta patriottica del popolo panamense contro l’imperialismo americano” (12 gennaio 1964).
Se i gruppi di capitalisti monopolistici americani insistono nella loro politica di aggressione e di guerra, verrà inevitabilmente il giorno in cui essi verranno impiccati da tutti i popoli del mondo. La stessa sorte spetterà ai complici degli Stati Uniti.
Discorso alla Conferenza suprema di Stato (8 settembre 1958).
Per combattere il nemico abbiamo elaborato, nel corso di un lungo periodo, questo concetto: che, dal punto di vista strategico, dobbiamo disprezzare tutti i nemici, e, dal punto di vista tattico, tenerne pienamente conto. In altri termini: noi dobbiamo disprezzare il nemico nel suo insieme, ma dobbiamo tenerne seriamente conto in rapporto con ogni questione concreta. Se noi non disprezziamo il nemico nel suo insieme, cadiamo nell’opportunismo. Marx e Engels erano soltanto due persone, eppure affermavano già che il capitalismo sarebbe stato rovesciato nel mondo intero. Ma quanto alle questioni concrete e alle questioni che riguardano un qualunque nemico particolare, se non teniamo sufficientemente conto del nemico cadiamo nell’avventurismo. In guerra, le battaglie non possono essere combattute se non a una a una e le forze nemiche non possono essere annientate se non unità per unità. Le officine non possono essere costruite se non a una a una. Un contadino non può lavorare la terra se non campo per campo. Lo stesso vale dei pasti. Dal punto di vista strategico, consumare un pasto non ci fa paura: riusciremo a cavarcela. In pratica, mangiamo boccone per boccone. Sarebbe impossibile ingoiare il pasto intero in un colpo solo. E’ quel che si dice la soluzione a uno a uno. In linguaggio militare, ciò si definisce distruggere il nemico unità per unità.
Intervento alla conferenza di Mosca dei Partiti comunisti e operai (18 novembre 1957).
Ritengo che la situazione internazionale sia arrivata a una nuova svolta. Ora spirano due venti nel mondo: il vento dell’est e il vento dell’ovest. Secondo un detto cinese: “o il vento dell’est ha la meglio sul vento dell’ovest, oppure è il vento dell’ovest ad avere la meglio sul vento dell’est.” A mio avviso, la caratteristica della situazione attuale è che il vento dell’est ha la meglio sul vento dell’ovest, la qual cosa significa che le forze socialiste hanno assunto una schiacciante superiorità sulle forze dell’imperialismo.
Intervento alla conferenza di Mosca dei Partiti comunisti e operai (18 novembre 1957).
VII. Avere il coraggio di lottare, avere il coraggio di vincere
Popoli del mondo, unitevi, per abbattere gli aggressori americani e i loro lacchè! Basta che i popoli prestino orecchio soltanto al loro coraggio, che osino affrontare la lotta, sfidare le difficoltà, che avanzino a ondate successive, e il mondo intero apparterrà loro. I mostri verranno tutti annientati.
“Dichiarazione a sostegno del popolo del congo-Kinshasha Contro l’aggressione americana” (28 novembre 1964).
Dopo un lucido apprezzamento della situazione internazionale e della situazione interna, rifacendosi alla scienza del marxismo-leninismo, il Partito comunista è giunto alla convinzione che tutti gli attacchi dei reazionari all’interno e all’esterno non soltanto dovevano, ma anche potevano venire schiacciati. Quando le nubi hanno oscurato il cielo, noi abbiamo fatto notare che quelle tenebre erano soltanto temporanee, che presto si sarebbero dissolte e che entro poco tempo il sole sarebbe tornato a brillare.
“La situazione attuale e i nostri compiti” (25 dicembre 1947), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Nella storia dell’umanità succede sempre che le forze morenti della reazione si lancino in un ultimo spasmodico corpo a corpo contro le forze della rivoluzione, e singoli rivoluzionari sono talvolta indotti in errore dalle apparenze di forza sotto le quali si cela un’effettiva debolezza e non sono capaci di vedere il quadro reale, di intravedere che il nemico sarà presto distrutto, e che essi vinceranno.
“La svolta nella seconda guerra mondiale” (12 ottobre 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Se esso (il Kuomintang) ci tiene proprio a battersi, noi l’annienteremo definitivamente. Ecco come si prospettano le cose: esso ci attacca, noi lo distruggiamo, ed eccolo soddisfatto; soddisfatto in parte se lo distruggiamo in parte, più soddisfatto se noi lo distruggiamo di più, e interamente soddisfatto se lo distruggeremo interamente. I problemi della Cina sono complessi ed è bene che anche noi coltiviamo una certa complessità nel cervello. Se qualcuno viene qui per battersi, noi ci batteremo. Ci batteremo per conquistare la pace.
“Sui negoziati di Chungking” (17 ottobre 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. 1V.
In caso d’attacco da parte del nemico, nella misura in cui le condizioni consentano di batterlo, il nostro Partito si metterà per certo nella posizione della legittima difesa per annientarlo risolutamente, radicalmente, integralmente, totalmente (non ingaggiamo lotte alla leggera, non battiamoci se non quando siamo sicuri di vincere). In nessun modo dobbiamo lasciarci intimidire dall’aspetto terrificante dei reazionari.
“Circolare del comitato centrale del Partito comunista cinese sui negoziati di pace con il Kuomintang” (26 agosto 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Nella misura in cui quello che conta sono i nostri desideri, noi non chiediamo di batterci, nemmeno un sol giorno. Ma se le circostanze ci costringono a batterci, noi siamo in grado di batterci fino in fondo.
“Intervista con la giornalista americana Anna Louise Strong” (agosto 1946), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Noi siamo per la pace. Ma fintanto che l’imperialismo americano non rinuncia alle sue arbitrarie e insensate esigenze e alle sue macchinazioni volte ad estendere l’aggressione, il popolo cinese non può avere che una scelta, quella di continuare nella sua lotta al fianco del popolo coreano. Non che noi siamo bellicosi; noi siamo disposti a interrompere immediatamente le ostilità e a regolare le altre questioni in seguito. Ma l’imperialismo americano non vuole. E dunque: che la guerra continui! Noi siamo pronti a batterei contro l’imperialismo americano per tutti gli anni che vorrà, fino al momento in cui non potrà più continuare, fino alla vittoria completa dei popoli cinese e coreano.
Discorso alla IV sessione del I Comitato nazionale della Conferenza consultiva politica del Popolo cinese (7 febbraio 1953).
Dobbiamo bandire dai nostri ranghi ogni ideologia fatta di debolezza e d’impotenza. Ogni punto di vista che sopravvaluta la forza del nemico e che sottovaluta la forza del popolo è falso.
“La situazione attuale e i nostri compiti” (25 dicembre 1947), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
I popoli oppressi e le nazioni oppresse non devono assolutamente contare, per la loro emancipazione, sulla “saggezza” dell’imperialismo e dei suoi lacchè. Questi popoli e queste nazioni potranno trionfare soltanto rafforzando la loro unità e perseverando nella lotta.
“Dichiarazione contro l’aggressione al Vietnam del Sud e i massacri della popolazione sudvietnamita da parte della cricca USA-Ngo Dinh Diem” (29 agosto 1963).
Qualunque possa essere il momento in cui scoppierà la guerra civile su scala nazionale, noi dobbiamo essere pronti. Nel caso in cui essa dovesse scoppiare presto, poniamo domani mattina, anche in questo caso dobbiamo essere pronti. Questo è il primo punto. Data l’attuale situazione internazionale e interna, è possibile che per un certo periodo la guerra civile rimanga circoscritta e che conservi provvisoriamente un carattere locale. Questo è il secondo punto. Il punto uno è quello a cui noi ci prepariamo; il punto due è ciò che esiste da tempo. In breve: teniamoci pronti. Essendo pronti, potremo fronteggiare come si deve tutte le situazioni, per quanto complesse esse siano.
“La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di resistenza contro il Giappone” (13 agosto 1945), Opere scelte di Mao Tsetung. vol. IV.
VIII. La guerra popolare
Poiché la guerra rivoluzionaria è la guerra delle masse popolari, è possibile condurla soltanto se si mobilitano le masse popolari, soltanto se ci si appoggia sulle masse popolari.
“Maggior sollecitudine per la vita del popolo, maggior attenzione ai metodi di lavoro” (27 gennaio 1934), Opere scelte dl Mao Tse-tung, vol. I.
Che cosa costituisce una vera muraglia insuperabile? Il popolo, le immense masse di popolo che sostengono con tutto il cuore e tutti i pensieri la rivoluzione. E’ questa una vera muraglia insuperabile, che non cadrà mai, che nessuna forza potrà abbattere. La controrivoluzione non ci abbatterà, saremo noi ad abbatterla. Dopo aver raggruppato le masse popolari attorno al governo rivoluzionario e dato nuovo impulso alla nostra guerra rivoluzionaria, noi sapremo distruggere completamente la controrivoluzione, sapremo liberare tutta la Cina.
“Maggior sollecitudine per la vita del popolo, maggior attenzione ai metodi di lavoro” (27 gennaio 1934), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Le grandi forze della guerra hanno le loro sorgenti profonde nelle masse popolari. E’ soprattutto perché le masse del popolo cinese sono disorganizzate che il Giappone si è sentito incoraggiato ad aggredirci. Basta che noi rimediamo a. questa insufficienza, e l’invasore giapponese, di fronte alle centinaia di milioni di uomini del popolo cinese sollevati, si troverà come il bufalo selvaggio di fronte a una barriera di fuoco: ci basterà emettere un grido nella sua direzione perché esso, per il terrore, si getti nel fuoco e sia bruciato vivo.
“Sulla guerra di lunga durata” (maggio 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Gli imperialisti commettono tali vessazioni contro di noi che occorre prendere serie misure nei loro confronti. Non soltanto ci occorre un potente esercito regolare, ma è anche necessario allestire divisioni della milizia popolare. Così’, se volesse invadere il nostro paese, l’imperialismo si vedrà privato di ogni libertà d’azione.
Intervista con un giornalista della Agenzia Hsinhua (29 settembre 1955).
Dal punto di vista della guerra popolare considerata nel suo insieme, la guerra popolare di partigiani e le operazioni dell’Esercito rosso quali forze principali si completano a vicenda come le due mani dell’uomo. Avere soltanto le forze principali costituite dall’Esercito rosso, senza la guerra popolare dei partigiani, sarebbe come combattere con una mano sola. In termini concreti, e in particolare dal punto di vista delle operazioni militari, quando parliamo della popolazione delle basi d’appoggio come di uno degli elementi della guerra, parliamo del popolo in armi. E’ questa la ragione principale del fatto che l’avversario considera pericoloso avventurarsi tra le nostre basi d’appoggio.
“Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” (dicembre 1936), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Indubbiamente l’esito della guerra è determinato soprattutto dalle condizioni militari, politiche, economiche e naturali nelle quali si trovano le parti belligeranti. Ma ciò non è tutto. L’esito della guerra è determinato anche dalla capacità soggettiva dei comandanti. Il capo militare non può cercare di conseguire la vittoria uscendo dai limiti posti dalle condizioni materiali, ma la può e la deve conquistare entro questi limiti. Sebbene il campo di attività del capo militare sia limitato da condizioni materiali oggettive, in questo campo egli può impostare azioni vive, brillanti, di un’epica grandezza.
“Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” (dicembre 1936), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
La guerra non ha altro scopo se non quello di “conservare le proprie forze e distruggere quelle del nemico” (distruggere le forze del nemico significa disarmarle, “privarle di ogni capacità di resistenza,” e non distruggerle tutte fisicamente). Nell’antichità, per fare la guerra ci si serviva di lance e di scudi: la lancia serviva ad attaccare e a distruggere il nemico, lo scudo a difendere e a conservare se stessi. Fino ai giorni nostri, dallo sviluppo di questi due tipi di armi derivano tutti gli altri sviluppi. I bombardieri, le mitragliatrici, l’artiglieria a lunga gittata, i gas sono sviluppi della lancia, mentre le trincee, i caschi d’acciaio, le fortificazioni di cemento armato, le maschere antigas, sviluppi dello scudo. I carri d’assalto costituiscono un’arma nuova, in cui si combinano la lancia e lo scudo. L’attacco è il mezzo principale per distruggere le forze del nemico, ma non è possibile prescindere dalla difesa. L’attacco mira a distruggere direttamente le forze del nemico, e nello stesso tempo a conservare le proprie forze, poiché se non si distrugge il nemico, sarà il nemico a distruggere voi. La difesa serve direttamente alla conservazione delle forze, ma è nello stesso tempo un mezzo ausiliario d’attacco o un mezzo atto a preparare il passaggio all’attacco. La ritirata è in rapporto con la difesa, ne costituisce una continuazione, mentre l’inseguimento costituisce una continuazione dell’attacco. Va notato che tra gli scopi della guerra, la distruzione delle forze del nemico è lo scopo principale, e la conservazione delle proprie forze lo scopo secondario, poiché non è possibile garantire efficacemente la conservazione delle proprie forze se non distruggendo in massa le forze del nemico. Da ciò consegue che l’attacco, in questo mezzo fondamentale per distruggere le forze del nemico, svolge il ruolo principale e che la difesa, in quanto mezzo ausiliario per distruggere le forze del nemico e in quanto è uno tra i mezzi per conservare le proprie forze, svolge un ruolo secondario. Sebbene in pratica si ricorra in numerose situazioni soprattutto alla difesa e, in altre, soprattutto all’attacco, quest’ultimo resta tuttavia il mezzo principale; ciò se si considera lo sviluppo della guerra nel suo insieme.
“Sulla guerra di lunga durata” (maggio 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung. vol. II.
Tutti i principi direttivi delle operazioni militari derivano senza eccezione da un principio fondamentale, quello di cercare fin dove è possibile di conservare le proprie forze e di distruggere quelle del nemico… Posto ciò, come possiamo giustificare l’esaltazione che facciamo del sacrificio degli eroi? Ogni guerra esige il suo prezzo, talvolta un prezzo altissimo. Ma ciò non è in contraddizione con il principio di conservare le proprie forze? In realtà non c’è affatto contraddizione, o per essere più precisi, c’è unità degli opposti. Perché tale sacrificio è indispensabile non solo per distruggere il nemico ma anche per conservare le proprie forze – la “non conservazione” (sacrificarsi e pagare il prezzo) è necessaria in senso parziale e temporaneo per conservare le proprie forze in senso assoluto e permanente. Da questo principio fondamentale consegue una serie di principi che governano tutte le operazioni militari; dai principi del comportamento in battaglia (copertura e sfruttamento della potenza di fuoco, la prima per conservare le proprie forze e il secondo per distruggere il nemico), ai principi strategici, che sono tutti improntati a questo principio fondamentale. Tutti i principi riguardanti l’addestramento militare, la tattica, le campagne militari e la strategia forniscono le condizioni per l’applicazione di questo principio fondamentale. Il principio di conservare le proprie forze e di distruggere quelle del nemico è alla base di tutta l’arte militare.
” Problemi strategici della guerra partigiana antigiapponese” (maggio 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Ecco i nostri principi militari:
1. Attaccare dapprima le forze nemiche disperse e isolate, e successivamente le forze nemiche concentrate e potenti.
2. Impadronirsi dapprima delle Città piccole e medie e delle vaste regioni rurali, e successivamente delle grandi città.
3. Fissare come obiettivo principale l’annientamento delle forze vive del nemico, e non la difesa o la conquista di una città o di un territorio. La possibilità di conservare o di conquistare una città o un territorio risulta dall’annientamento delle forze vive del nemico, e spesso una città o un territorio non possono venir conservati o conquistati definitivamente se non dopo che sono passati numerose volte da una mano nell’altra.
4. Per ogni battaglia, concentrare forze di una superiorità assoluta (due, tre, quattro e talora persino cinque o sei volte quelle del nemico), accerchiare completamente le forze nemiche, sforzandosi di annientarle totalmente, senza dar loro la possibilità di sfuggire dalla rete. In certi casi particolari, infliggere al nemico colpi micidiali, vale a dire: concentrare tutte le nostre forze per un attacco frontale e per un attacco su uno dei fianchi del nemico o sui due, annientare una parte delle sue truppe e mettere in rotta il resto, allo scopo di permettere al nostro esercito di spostare rapidamente le sue forze per schiacciare altre truppe nemiche. Sforzarsi di evitare le battaglie di logoramento, in cui i guadagni sono inferiori alle perdite oppure le coprono appena. Cosi, benché nell’insieme siamo (numericamente parlando) in stato d’inferiorità, godiamo di una superiorità assoluta in ogni determinato settore, in ogni battaglia, il che ci garantisce la vittoria sul piano delle operazioni. Con l’andar del tempo, noi otterremo la superiorità d’insieme e alla fine annienteremo tutte le forze nemiche.
5. Non ingaggiare battaglia senza preparazione, né ingaggiare una battaglia di cui l’esito vittorioso non sia sicuro. Compiere i massimi sforzi per prepararsi bene ad ogni scontro e per garantirsi la vittoria in un dato rapporto di condizioni stabilito tra il nemico e noi.
6. Applicare pienamente il nostro stile di combattimento bravura, spirito di sacrificio, sprezzo della stanchezza e tenacia nei combattimenti continui (scontri successivi scatenati in un breve lasso di tempo e senza riposo alcuno).
7. Sforzarsi di annientare il nemico ricorrendo alla guerra di movimento. Nello stesso tempo, attribuire la dovuta importanza alla tattica d’attacco delle posizioni, allo scopo di impadronirsi dei punti fortificati e delle città del nemico.
8. Per quanto riguarda l’attacco alle città, impadronirsi risolutamente di tutti i punti fortificati e di tutte le città debolmente difese dal nemico. Impadronirsi nel momento propizio di tutti i punti fortificati e di tutte le città che il nemico difende moderatamente, a condizione che le circostanze lo permettano. Quanto ai punti fortificati e alle città che il nemico difende potentemente, aspettare che le condizioni siano mature, e poi impadronirsene.
9. Integrare le nostre forze con l’aiuto di tutte le armi e della massima parte degli effettivi sottratti al nemico. Le fonti principali di uomini e di materiale per il nostro esercito sono al fronte.
10. Saper mettere a profitto l’intervallo tra due campagne per riposare, per istruire e per consolidare le nostre truppe. I periodi di riposo, d’istruzione e di consolidamento non devono essere, in generale, molto lunghi, e, nella misura del possibile, non si deve lasciare al nemico il tempo necessario per riprendere fiato.
Questi sono i metodi principali applicati dall’Esercito popolare di liberazione per battere Ciang Kaishek. Essi sono stati elaborati dall’Esercito popolare di liberazione nel corso di lunghi annidi combattimenti contro i nemici interni ed esterni, e si addicono perfettamente alle nostre attuali condizioni… La nostra strategia e la nostra tattica si fondano sulla guerra popolare; nessun esercito che si opponga al popolo può utilizzare la nostra strategia e la nostra tattica.
“La situazione attuale e i nostri compiti” (25 dicembre 1947), Opere scelte di Mao Tse-tung, vl. IV.
Senza preparazione, la superiorità delle forze non è una effettiva superiorità, né è possibile avere l’iniziativa. Se si comprende questa verità, determinate truppe, inferiori di forze ma preparate, possono spesso, con un attacco a sorpresa, battere un nemico superiore.
“Sulla guerra di lunga durata” (maggio 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
IX. L’esercito popolare
Senza esercito popolare, il popolo non avrebbe niente
“Sul governo di coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Questo esercito è forte perché di esso fanno parte uomini coscienti e disciplinati che si sono uniti e combattono, non nell’interesse di un piccolo gruppo di persone o di una qualsiasi cricca ristretta, ma nell’interesse di larghe masse, nell’interesse di tutta la nazione. Stringere compatte le proprie file attorno alle masse popolari cinesi, servire con tutto il cuore il popolo cinese: questa è l’unica aspirazione che muove il nostro esercito.
“Sul governo di coalizione” (24 aprile 1945>, Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
L’Esercito rosso cinese e una organizzazione armata fatta per affrontare i compiti politici posti dalla rivoluzione. Specialmente oggi l’Esercito rosso non può assolutamente limitarsi soltanto a combattere; oltre al compito di combattere per distruggere le forze armate del nemico, sono ad esso affidati altri importanti compiti nel campo della propaganda fra le masse, della loro organizzazione, del loro armamento, dell’aiuto da prestare loro per la creazione del potere rivoluzionario e anche per la creazione di organizzazioni del Partito comunista. La guerra che l’Esercito rosso conduce non è una guerra fatta per amore della guerra, ma per sviluppare la propaganda fra le masse, per organizzarle, per armarle, per aiutarle a creare il potere rivoluzionario; se si rinunciasse a questi compiti la guerra non avrebbe più senso e l’esistenza stessa dell’Esercito rosso perderebbe ogni ragione d’essere.
“Sradicare le concezioni errate nel Partito” (dicembre 1929), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
L’Esercito popolare di liberazione sarà sempre una forza combattente. Anche dopo la vittoria sul piano nazionale, durante il periodo storico in cui le classi non saranno ancora state soppresse nel nostro paese e in cui il sistema imperialista continuerà ad esistere nel mondo, il nostro esercito resterà una forza combattente. Su questo punto non deve sorgere alcun malinteso, né manifestarsi alcuna incertezza.
“Rapporto alla seconda sessione plenaria del Comitato centrale uscito dal VII Congresso del Partito comunista cinese” (5 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Noi abbiamo un esercito che combatte e un esercito del lavoro. Il nostro esercito combattente è costituito dalla VIII Armata di marcia e dalla Nuova IV Armata. Ma l’esercito combattente viene impiegato in due direzioni: esso combatte e si dedica all’attività produttiva.
Avendo due eserciti quali l’esercito combattente e l’esercito del lavoro, e quando l’esercito che combatte è capace sia di condurre la guerra che di lavorare nella produzione e, inoltre, di svolgere il lavoro tra le masse, noi possiamo superare tutte le difficoltà, possiamo sconfiggere gli imperialisti giapponesi.
“Organizziamoci!” (29 novembre 1943), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
La nostra difesa nazionale verrà rafforzata e noi non permetteremo agli imperialisti, chiunque essi siano, di invadere di nuovo il nostro territorio. Le nostre forze armate popolari devono essere mantenute e devono svilupparsi sulla base dell’eroico Esercito popolare di liberazione, che è passato attraverso tutte le sue prove. Avremo, non soltanto un potente esercito di terra, ma anche una potente aviazione e una potente marina da guerra.
Discorso inaugurale alla I sessione plenaria della Conferenza consultiva politica del Popolo cinese (21 settembre 1949).
Il nostro principio è: il Partito comanda ai fucili, mentre è inammissibile che i fucili comandino al Partito.
“La guerra e i problemi della strategia” (6 novembre 1931), Opere scelte di ‘Mao Tse-tung, vol. II.
Tutti i nostri ufficiali e i nostri soldati devono sempre tener presente che noi siamo il grande Esercito popolare di liberazione, le truppe dirette dal grande Partito comunista cinese. A condizione di osservare costantemente le direttive del Partito, possiamo essere sicuri della vittoria.
“Manifesto dell’Esercito popolare di liberazione cinese” (ottobre 1947), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
X. Il ruolo dirigente dei comitati di Partito
Il sistema del comitato del Partito è un’importante istituzione del Partito volta a garantire la direzione collegiale e a impedire che una singola persona si accaparri la direzione del lavoro. Ora, di recente s’è constatato che in certuni dei nostri organi dirigenti (evidentemente non in tutti) è uso corrente che una singola persona si accaparri la direzione del lavoro e prenda le decisioni in merito ai problemi d’importanza. Non la riunione del comitato del Partito decide le soluzioni da dare ai problemi importanti, bensì una singola persona, mentre i membri del comitato del Partito sono li soltanto per la forma. Le divergenze d’opinione tra i membri del comitato non possono venir risolte e vengono lasciate a lungo in sospeso. I membri del comitato del Partito mantengono tra loro soltanto un’unità formale e non di fondo. Occorre modificare questo stato di cose. E’ ormai necessario che ovunque si stabilisca un buon sistema di riunioni del comitato del Partito, dagli uffici del Comitato centrale ai comitati provinciali, dai comitati del fronte ai comitati di brigata e alle regioni militari (sottocommissioni della Commissione militare rivoluzionaria del Partito o gruppi di dirigenti) e, inoltre, di gruppi dirigenti del Partito negli organi governativi e nelle organizzazioni popolari, e all’agenzia d’informazione e ai giornali. Tutti i problemi importanti (non, evidentemente, le questioni prive d’importanza o i problemi la cui soluzione, discussa in riunione, è già stata oggetto di una decisione che richieda semplicemente di essere applicata) devono essere sottoposti a discussione in seno al comitato; bisogna che i membri presenti esprimano i loro punti di vista senza riserve e che giungano a decisioni precise, la cui applicazione sarà garantita rispettivamente dai membri interessati… Le riunioni di un comitato del Partito devono essere di due specie: riunione del comitato permanente e riunioni in seduta plenaria; esse non vanno confuse. Inoltre, teniamo presente quanto segue: la direzione collegiale e la responsabilità personale sono in ugual misura indispensabili; non bisogna trascurare né l’una né l’altra. Nell’esercito, durante le operazioni o quando le circostanze lo esigono, i capi responsabili hanno il diritto di prendere decisioni d’urgenza.
“Rafforzare il sistema dei comitato dei Partito” (20 settembre 1948), Opcre scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Il segretario di un comitato del Partito deve saper essere un buon “caposquadra.” Un comitato del Partito conta da dieci a venti membri; esso è paragonabile a una squadra nell’esercito, e il segretario è paragonabile al “caposquadra.” Certamente, dirigere bene questa squadra non è facile. In questo momento, ogni ufficio e ogni ufficio regionale del Comitato centrale ha sotto la propria direzione una regione vasta e deve assumersi compiti assai ardui. Dirigere non significa semplicemente determinare l’orientamento generale e le misure particolari di una politica, ma anche elaborare giusti metodi di lavoro. Anche se l’orientamento generale e le misure particolari sono giuste, se non si presta sufficientemente attenzione ai metodi di lavoro possono insorgere problemi. Per svolgere il proprio compito, che è quello di dirigere, un comitato del Partito deve contare sugli uomini della “squadra” e metterli in condizione di svolgere a fondo il loro ruolo. Per essere un buon “caposquadra,” occorre che il segretario studi senza tregua ed esamini a fondo le questioni. Un segretario o un segretario aggiunto difficilmente riusciranno a dirigere come si deve gli uomini della loro “squadra” se non adotteranno la precauzione di fare tra loro un certo lavoro di propaganda e di organizzazione, se non sanno mantenere buoni rapporti tra i membri del comitato o se non studiano i mezzi atti a dirigere con successo una riuni one. Se tutti gli uomini della “squadra” non camminano allo stesso passo, non possono presumere di poter dirigere milioni di persone nella lotta e nella edificazione. Beninteso, le relazioni tra il segretario e i membri del comitato sono tali per cui la minoranza deve sottomettersi alla maggioranza: sono perciò diverse dalle relazioni esistenti tra un caposquadra e i suoi uomini. Ma qui abbiamo parlato soltanto per analogia.
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Gettate i problemi sul tappeto. Questo devono fare, non soltanto il “caposquadra,” ma anche i membri del comitato. Non formulate critiche dietro la schiena. Appena si pone un problema, convocate una riunione, gettatelo sul tappeto, discutetelo, prendete delle decisioni, e il problema sarà risolto. Se esistono problemi, ma non vengono gettati sul tappeto, questi problemi rimarranno a lungo privi di una soluzione, e rischieranno di trascinarsi per anni. Il “caposquadra” e i membri del comitato devono mostrarsi comprensivi nelle loro reciproche relazioni. Non c’è nulla di più importante della comprensione, del sostegno e dell’amicizia tra il segretario e i membri del comitato, tra il Comitato centrale e i suoi uffici, e così’ tra gli uffici del Comitato centrale e i comitati territoriali del Partito.
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
“Scambiatevi informazioni.” In altri termini: i membri di un comitato del Partito devono tenersi vicendevolmente al corrente e devono scambiarsi i loro punti di vista sulle cose che sono giunte a loro conoscenza. Ciò è molto importante al fine di trovare un linguaggio comune. Ora, certuni non lo fanno e, come diceva Lao-tse, “non si frequentano in vita, benché i galli che cantano e i cani che abbaiano presso i primi possano essere sentiti dagli altri.” Ne deriva che manca loro un linguaggio comune.
“Metodi di lavoro dei Comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Consultate i compagni dei gradi inferiori in merito a ciò che non capite o a ciò che non conoscete, e non esprimete alla leggera la vostra approvazione o la vostra disapprovazione… Non bisogna mai pretendere di conoscere ciò che non si conosce e “non bisogna vergognarsi di consultare i propri subalterni,” bisogna bensì saper prestare orecchio ai pareri dei quadri dei gradi inferiori. Siate allievi prima di essere maestri; prima di promulgare ordini, consultate i quadri dei gradi inferiori. … In ciò che i quadri dei gradi inferiori affermano c’è del giusto e c’è del falso; è nostro compito attuarne l’analisi. Le idee giuste, noi dobbiamo ascoltarle e seguirle. Anche i giudizi errati che vengono dal basso, noi dobbiamo ascoltarli; sarebbe un errore non ascoltarli, ma invece di adottarli, occorre criticarli.
Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Imparate a “suonare il pianoforte.” Per suonare il pianoforte, occorre muovere le dieci dita; è impossibile farlo con poche dita soltanto, lasciando immobili le altre. Tuttavia, se si premono le dieci dita tutte in una volta, non si dà melodia. Per fare della buona musica, occorre che i movimenti delle dita siano ritmati e coordinati. Un comitato del Partito deve afferrare bene il suo compito centrale e contemporaneamente, attorno a questo compito centrale, deve sviluppare il suo lavoro in altri campi di attività. In questo momento dobbiamo occuparci di numerosi ambiti: dobbiamo vigilare sul lavoro in tutte le regioni, in tutte le unità armate e in tutti gli organismi; non dobbiamo dedicare la nostra attenzione soltanto ad alcuni problemi, escludendo gli altri. Ovunque si ponga un problema, occorre premere sul tasto; è, questo, un metodo in cui dobbiamo acquisire una certa maestria. Certuni suonano bene il pianoforte, altri lo suonano male, e la differenza tra le melodie che ne traggono è enorme. I compagni dei comitati del Partito devono imparare a “suonare bene il pianoforte.”
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
“Prendete in mano fermamente le vostre incombenze.” Intendiamo dire con ciò che un comitato del Partito, non soltanto deve “prendere in mano” le sue incombenze principali, ma anche che deve prenderle in mano “fermamente.” Non è possibile tenere bene una cosa se non prendendola solidamente in mano, senza mai allargare le dita, nemmeno di un po’. Non prendere in mano una cosa solidamente equivale a non prenderla in mano affatto. Naturalmente, non è possibile afferrare una cosa con la mano aperta. E quando si chiude la mano, ma senza stringere forte, si dà l’impressione di tenere una cosa, e invece la cosa non e stata veramente afferrata. Alcuni dei nostri compagni, certo, prendono in mano le loro incombenze principali, ma siccome non le prendono in mano solidamente, non sono in grado di svolgere un buon lavoro. Le cose non andranno per il loro verso se non prenderete in mano le vostre incombenze; ma le cose non andranno per il loro verso neppure se non le prenderete in mano fermamente.
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Cercate di avere in testa le “cifre.” Ciò significa che noi dobbiamo prestare attenzione all’aspetto quantitativo di una situazione o di un problema e farne un’analisi quantitativa di fondo. Ogni quantità si manifesta tramite una quantità determinata, e senza quantità non può darsi qualità. Oggi ancora, numerosi tra i nostri compagni non sanno che devono prestare attenzione all’aspetto quantitativo delle cose – alle statistiche fondamentali, alle percentuali principali e ai limiti quantitativi che determinano la qualità delle cose; non hanno affatto le “cifre” in testa; da ciò risulta che essi non possono evitare di commettere errori.
“Metodi di lavoro dei comitati dci Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
“Metodi di lavoro dei comitati del Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
“Meno truppe ma migliori, e semplificare l’amministrazione.” Le conversazioni, i discorsi, gli articoli e le risoluzioni devono essere di tipo chiaro e conciso. Del pari, le riunioni non devono essere troppo lunghe.
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Prestate attenzione alla collaborazione nell’unità con i compagni i cui punti di vista divergono dai vostri. Negli organismi locali, come nell’esercito, occorre prestare attenzione a questo principio, che va ugualmente applicato anche nelle nostre relazioni con le persone che sono estranee al Partito. Siamo venuti da tutti gli angoli del paese e dobbiamo saper collaborare nell’unità, non soltanto coi compagni che condividono i nostri punti di vista, ma anche con quelli che ne hanno altri.
“Metodi dl lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Evitate di essere orgogliosi. Si tratta di una questione di principio per tutti i dirigenti, ed anche di una condizione importante per il mantenimento dell’unità. Anche coloro che non hanno commesso errori gravi e che hanno ottenuto grandi successi nel loro lavoro non devono essere orgogliosi.
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Tracciate due linee di demarcazione. Innanzitutto tra la rivoluzione e la controrivoluzione, tra Yenan e Sian.1).
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1) Yenan fu la sede del comitato centrale del Partito comunista cinese dal gennaio 1937 al marzo 1947; Sian fu il centro del dominio reazionario del Kuomintang nella Cina dei Nord-Ovest. Il compagno Mao Tse-tung le cita come simboli della rlvoluzione e della controrivoluzione.
Alcuni non sanno che devono tracciare questa linea dì demarcazione. Per esempio: quando combattono la burocrazia, parlano di Yenan come se a Yenan non ci fosse stato “niente di buono,” e non stabiliscono un confronto tra la burocrazia a Yenan e la burocrazia a Sian. In questo modo commettono un errore fondamentale. Inoltre, tra i ranghi della rivoluzione, è necessario tracciare una linea di demarcazione tra ciò che è giusto e ciò che è falso, tra ciò che costituisce un successo e ciò che è mera insufficienza, e, ancora, è necessario discernere quale di queste due cose prevale. Per esempio: i successi sono nell’ordine del 30 oppure del 70 per cento? Evitare le sottovalutazioni e le sopravvalutazioni! Occorre valutare globalmente il lavoro di una persona; e stabilire se i suoi successi sono del 30 per cento e i suoi errori del 70 per cento, o invece l’inverso. Se i successi sono del 70 per cento, il lavoro di questa persona va approvato nelle sue linee essenziali. E’ del tutto falso asserire che prevalgono gli errori quando invece prevalgono i successi. Nell’esame di un problema, non dobbiamo mai dimenticare di tracciare queste due linee di demarcazione, quella che separa la rivoluzione dalla controrivoluzione e quella che separa i successi dalle insufficienze. Teniamo presenti queste due linee di demarcazione, e tutto andrà bene; in caso contrario confonderemo la natura dei problemi. Naturalmente, per tracciare queste linee correttamente, è indispensabile compiere dapprima uno studio e un’analisi minuziosa. Il nostro atteggiamento nei confronti di ogni persona e di ogni problema dev’essere costituito dall’analisi e dallo studio.
“Metodi di lavoro dei comitati dei Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Dal punto di vista dell’organizzazione, occorre applicare con rigore il principio della via democratica sotto una direzione centralizzata, e ciò secondo le seguenti indicazioni:
1) Gli organi dirigenti del Partito devono definire una giusta linea direttiva, devono trovare la soluzione dei problemi che insorgono, ed erigersi cosi a centri di direzione.
2) Gli organismi superiori devono conoscere bene la situazione negli organismi inferiori e devono conoscere bene la vita delle masse, allo scopo di avere una giusta base per una giusta direzione.
3) Gli organismi del Partito ai diversi gradi non devono risolvere i problemi alla leggera. Una volta presa la decisione, essa deve venire applicata con fermezza.
4) Tutte le decisioni importanti degli organismi superiori del Partito devono essere portate rapidamente a conoscenza degli organismi inferiori e della massa dei membri del Partito…
5) Gli organismi inferiori del Partito e la massa dei membri del Partito devono discutere dettagliatamente le direttive degli organismi superiori, devono afferrarne interamente il senso e determinare i metodi appropriati alla loro applicazione.
“Sradicare le concezioni errate nei Partito” (dicembre 1929), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
XI. La linea di massa
Il popolo, il popolo soltanto, è la forza motrice, il creatore della storia.
“Sul governo di coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Bisogna comprendere che i veri protagonisti sono le masse, e noi siamo spesso ridicolmente infantili. Se non si comprendono queste cose, non si può acquistare nemmeno un minimo di conoscenza.
“Prefazione e poscritto ai Materiali per lo studio delle campagne (marzo-aprile 1941), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Le masse popolari sono dotate di un potere creativo illimitato. Esse sono capaci di organizzarsi e di rivolgere i loro sforzi in tutti i settori e in tutti i rami in cui esse sono in grado di investire la loro energia; esse possono impegnarsi nei compiti produttivi, in larghezza come in profondità, e così creare un numero crescente di opere utili al loro benessere.
Nota all’articolo “Una soluzione del problema della manodopera eccedente” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
L’attuale balzo in avanti del movimento contadino acquista una grandissima importanza. Fra non molto in tutte le province della Cina centrale, meridionale e settentrionale centinaia di milioni di contadini si solleveranno; essi saranno impetuosi e irresistibili come un uragano, e nessuna forza potrà trattenerli; spezzeranno le catene che li stringono e si lanceranno verso la liberazione; scaveranno la fossa a tutti gli imperialisti, i signori della guerra, i funzionari dilapidatori e concussionari, i despoti locali e la piccola nobiltà; metteranno alla prova tutti i partiti e i gruppi rivoluzionari, tutti i rivoluzionari, per accettarne alcuni e respingere gli altri.
Mettersi alla loro testa e dirigerli? Rimanere in coda a braccia conserte e criticarli? O sbarrare loro la strada e lottare contro di essi? Ogni cinese è libero di scegliere una di queste tre vie, e il corso degli eventi costringerà ognuno di noi ad affrettare la sua scelta.
“A proposito di un’inchiesta sul movimento contadino nello Hunan” (marzo 1927), Opere scelte di Mao Tse-tung. Vol.I I.
Nell’ora attuale, il balzo in avanti nella trasformazione sociale nelle campagne – il movimento di cooperazione – si manifesta in certe regioni, e presto si estenderà a tutto il paese. Si tratta di un movimento rivoluzionario socialista di grande ampiezza, che coinvolge una popolazione rurale di più di 500 milioni di uomini; la sua portata internazionale è notevole. Noi dobbiamo dirigere questo movimento in modo attivo, entusiastico e conformemente a un piano, e non cercare di farlo regredire in tutti i modi. In un simile movimento, certe deviazioni sono inevitabili, e si capisce; del resto non è difficile rettificarle. I quadri e i contadini riusciranno a rimediare alle loro insufficienze o a correggere i loro errori, a patto che noi li aiutiamo attivamente.
“Sul problema della cooperazione agricola” (31 luglio 1955).
Le masse nutrono un entusiasmo enorme per il socialismo. Coloro che, in un periodo rivoluzionario, non sanno far altro che adottare la via della routine sono assolutamente incapaci di percepire questo entusiasmo. Essi sono ciechi; vedono tutto nero. Talvolta, arrivano al punto di capovolgere i fatti di far passare il nero per il bianco Non ne abbiamo forse visti abbastanza di personaggi di questo genere? Coloro che sanno soltanto seguire le strade già battute sottovalutano sempre 1’entusiasmo del popolo. Quando compare una cosa nuova non 1’approvano mai automaticamente vi si oppongono. Più tardi riconoscono il loro torto e pronunciano qualche autocritica. Ma in seguito, in presenza di un’altra cosa nuova, si comportano nello stesso modo e riadottano quei due atteggiamenti. E’ questo il modo in cui essi reagiscono di fronte a qualunque cosa che sia nuova. Queste persone sono sempre in uno stato di passività. Nei momenti decisivi non avanzano mai. Per fare un passo avanti, hanno sempre bisogno di un gran colpo nella schiena.
Nota all’articolo “Questo cantore ha realizzato la cooperazione agricola in due anni” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
Da più di vent’anni, il nostro Partito persegue, giorno per giorno, un lavoro di massa e, da una dozzina di anni, parla ogni giorno della linea di massa. Noi abbiamo sempre sostenuto che la rivoluzione deve appoggiarsi alle masse popolari e contare sulla partecipazione di ciascuno, e ci siamo sempre opposti a che ci si rifaccia esclusivamente a poche persone che impartiscono ordini. Tuttavia, certi compagni non applicano ancora nel loro lavoro la linea di massa essi contano sempre soltanto su un piccolo numero di persone e lavorano in un gelido isolamento. Una delle ragioni di questo stato di cose è che, qualunque cosa facciano, non desiderano spiegarla chiaramente a coloro che sono chiamati a dirigere, e che non sanno come sviluppare l’iniziativa e la forza creativa di questi ultimi. Soggettivamente, desiderano che ciascuno prenda parte al lavoro, ma si guardano bene dal far conoscere agli altri ciò che c’è da fare e come va fatto. In questo modo, come volete che ciascuno affronti il proprio lavoro e che il lavoro sia fatto bene? Per risolvere questo problema, il mezzo essenziale è evidentemente quello di impartire un’educazione ideologica sulla linea di massa, ma nello stesso tempo occorre insegnare a questi compagni numerosi metodi concreti di lavoro.
“Conversazione per i redattori del Quotidiano dello Shansi-suiyuan” (2 aprile 1948), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
I ventiquattro anni di esistenza del nostro Partito hanno mostrato che la formulazione dei compiti, le direttive politiche e lo stile di lavoro sono giusti solo quando corrispondono alle esigenze del popolo, in quel determinato momento ed in quelle condizioni, e si fondano sul collegamento con le masse; mentre, se la formulazione dei compiti, le direttive politiche e lo stile di lavoro sono contrari alle esigenze del popolo in quel determinato momento e in quelle condizioni, essi sono errati. Fenomeni pericolosi come il dogmatismo, l’empirismo, l’autoritarismo, il codismo, il settarismo, il burocratismo, la boria sono sempre dannosi nel lavoro e sono inammissibili precisamente perché questi fenomeni dimostrano che ci si allontana dalle masse; e proprio per questa ragione coloro che ne sono preda devono liberarsene.
“Sul governo dl coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Per stabilire uno stretto contatto con le masse occorre conoscere le loro esigenze ed i loro desideri. In ogni lavoro con le masse occorre partire dalla conoscenza delle loro esigenze e non da moventi puramente personali anche se lodevoli. Spesso avviene che nelle masse l’esigenza di determinate trasformazioni esista già oggettivamente, ma la consapevolezza soggettiva di questa necessità non è ancora maturata in loro; esse non sono ancora decise, né provano alcun desiderio di mettere in atto queste trasformazioni: allora noi dobbiamo attendere pazientemente; e solo quando, come risultato del nostro lavoro, le masse nella loro maggioranza avranno piena coscienza della necessità di realizzare decisamente e volontariamente determinate trasformazioni, solo allora bisognerà attuarle, altrimenti si corre il rischio di allontanarsi dalle masse. Ogni genere di lavoro in cui la partecipazione delle masse è necessaria si trasformerà in una vuota formalità, e fallirà totalmente, se le masse non saranno consapevoli della necessità di questo lavoro e non avranno manifestato il desiderio di parteciparvi volontariamente. … In questo caso agiscono due principi: il principio delle esigenze reali delle masse e non di quelle immaginarie, esistenti soltanto nelle nostre menti, ed il principio della volontà delle masse, della decisione manifestata dalle masse stesse, e non di quella che noi manifestiamo per loro.
“Il fronte unico nel lavoro culturale” (30 ottobre 1944), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Il nostro congresso deve fare appello a tutto il Partito perché badi attentamente, instancabilmente’ a che nessun compagno, qualunque sia il lavoro che egli compie, si allontani dalle masse. Occorre insegnare a tutti i compagni ad amare profondamente le masse popolari, ad ascoltare con attenzione la loro voce; occorre insegnare ad ogni compagno, ovunque egli si trovi, a legarsi con le masse, a non mettersi al di sopra delle masse, ma ad andare tra le masse stesse; occorre insegnargli, tenuto conto del grado di coscienza raggiunto dalle masse, a sviluppare ed elevare questo livello, ad aiutare le masse ad organizzarsi a poco a poco sulla base del libero consenso ed a realizzare a poco a poco quelle forme di lotta necessarie, che sono consentite dalle condizioni esterne ed interne del momento.
“Sul governo di coalizione” (24 aprile 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Se noi cercassimo di passare all’offensiva nel momento in cui le masse non hanno ancora preso coscienza, cadremmo nell’avventurismo. Se noi volessimo a tutti i costi indurre le masse a fare qualche cosa contro la propria volontà, sbaglieremmo infallibilmente. Se non avanzassimo, mentre le masse chiedono di avanzare, cadremmo nell’opportunismo di destra.
“Conversazione per i redattori del Quotidiano detto Shansi-suiyuan” (2 aprile 1948), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
L’autoritarismo è un metodo pericoloso in ogni lavoro, poiché non considera fino a quale punto sono coscienti le masse, e viola il principio del libero consenso; è la manifestazione della malattia che si chiama fretta eccessiva. I nostri compagni non devono credere che tutto quello che per loro è comprensibile sia comprensibile anche per le larghe masse. Se questa o quell’idea risulti comprensibile per le masse, se esse siano pronte a metterla in atto, è una cosa che si può apprendere solo andando a controllarla in seno alle masse stesse. Agendo in questo modo, possiamo evitare l’autoritarismo. In ogni lavoro il codismo è un errore, perché esso significa rimanere indietro rispetto alla coscienza delle masse, perché viola il principio secondo cui è chi dirige che deve spingere in avanti le masse. Il codismo è manifestazione di inerzia e lentezza. I nostri compagni non devono credere che se qualcosa non è per loro comprensibile, esso non sia comprensibile per le masse. Spesse volte accade che le masse ci superano ed esigono con insistenza che il movimento avanzi mentre i nostri compagni sono incapaci di guidarle; anzi, riflettendo l’atteggiamento di alcuni elementi arretrati e scambiando erroneamente quest’atteggiamento sbagliato per l’atteggiamento delle larghe masse, questi compagni seguono quegli elementi.
“Sul governo di coalizione” (24 apri1e 1945), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Raccogliere e concentrare le opinioni delle masse, portarle di nuovo tra le masse, affinché le masse le sostengano, e, in tal modo, elaborare giuste direttive; questo è il metodo fondamentale di direzione.
“Sui metodi di direzione” (i giugno 1943), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
In tutta l’attività pratica del nostro Partito una giusta opera di direzione deve sempre fondarsi su questo principio: attingere alle masse e dare alle masse. Questo significa: raccogliere le opinioni delle masse (sparse e disordinate) e portarle di nuovo (generalizzate e sistemate in seguito ad uno studio) tra le masse, propagandarle e spiegarle, farle diventare idee delle masse stesse, affinché le masse sostengano queste idee e le traducano in azione; e, in pari tempo, controllare attraverso l’azione delle masse la giustezza di queste idee. Quindi, bisogna di nuovo concentrare le opinioni delle masse e portarle di nuovo tra le masse, affinché queste le sostengano, e -. cosi via. Ogni volta, queste idee diventeranno più giuste, più vitali, più razionali. Questo insegna la teoria marxista della conoscenza.
“Sui metodi di direzione” (1 giugno 1943), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Noi dobbiamo andare tra le masse, imparare dalle masse, generalizzare la loro esperienza e dedurre da essa regole di vita e metodi d’azione ancora migliori, ancora più perfetti, per poi portarli di nuovo tra le masse (mediante la propaganda), chiamare le masse ad applicarli, risolvere i problemi che hanno un’importanza vitale per le masse, affinché le masse giungano alla liberazione e alla felicità.
“Organizziamoci!” (29 novembre 1943), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
In certe zone, alcuni membri dei nostri organi dirigenti ritengono sufficiente che i soli dirigenti conoscano la politica del Partito e che non sia necessario farla conoscere alle masse. Ecco una delle ragioni fondamentali del fatto che una parte del nostro lavoro non ha potuto essere ben eseguita.
“Conversazione per i redattori del Quotidiano detto Shansi-suiyuau” (2 aprile 1948), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
In tutti i movimenti di massa, dobbiamo eseguire una ricerca e un’analisi di fondo per conoscere il numero dei partigiani attivi, degli oppositori e di coloro che si tengono su posizioni intermedie; le nostre decisioni non devono venire prese senza fondamento e in modo soggettivo.
“Metodi di lavoro dei comitati del Partito” (13 marzo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Là dove esistono masse, di regola si possono distinguere tre generi di elementi: elementi più attivi, uomini che svolgono un’attività media e uomini relativamente passivi. Per questo i dirigenti devono unire in modo intelligente un piccolo numero di attivisti in un gruppo dirigente e, appoggiandosi ad esso, elevare l’attività del gruppo medio e far partecipare al lavoro gli elementi passivi.
“Sui metodi di direzione” , Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Dobbiamo anche saperli adoperare, i quadri. Il dovere di un dirigente si identifica essenzialmente nell’avere idee nuove e sapere impiegare i quadri. Elaborare un piano, prendere una decisione, lanciare un ordine, dare una direttiva, eccetera, significa “avere idee nuove.” Per tradurre le idee nella pratica, bisogna unire i quadri e incitarli all’azione; questo si chiama “saper impiegare i quadri.”
“Il ruolo del Partito comunista cinese retta guerra nazionale” (ottobre 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Dobbiamo aver cura dei quadri. A questo scopo, disponiamo dei seguenti mezzi: primo, orientarli, cioè, pur lasciandoli lavorare liberamente perché abbiano il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, dobbiamo dar loro, a tempo opportuno, delle direttive, in modo che possano, guidati dalla linea politica del Partito, far valere il loro spirito creativo. Secondo, elevare il loro livello, cioè dar loro la possibilità di imparare ed educarli affinché possano arricchire le proprie conoscenze teoriche e qualificarsi di più. Terzo, verificare il loro lavoro, aiutarli a fare il bilancio della propria esperienza, a moltiplicare i propri successi e a correggere i propri sbagli. Assegnare un compito senza poi verificarne l’esecuzione o prestarvi attenzione soltanto quando siano stati commessi gravi errori, non vuoi dire aver cura dei quadri. Quarto, usare, in generale, la persuasione nei confronti dei quadri che hanno commesso degli errori, onde aiutarli a correggersi, e ricorrere al metodo della lotta soltanto contro coloro che sono colpevoli di errori gravi e rifiutano di lasciarsi guidare. La pazienza è, in questo campo, di rigore. E’ sbagliato incolpare alla leggera la gente di “opportunismo” o “partire lancia in resta” contro qualcuno sconsideratamente. Quinto, venire in aiuto dei quadri che si trovano in difficoltà. Quando si ammalano, o hanno preoccupazioni materiali, familiari o altre, dobbiamo aiutarli nella misura del possibile. Ecco come si ha cura dei quadri.
“Il ruolo dei Partito comunista cinese nella guerra nazionale” (ottobre 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Un gruppo dirigente, veramente unito e legato con le masse, deve formarsi gradualmente, nel corso della lotta stessa delle masse popolari, non può tenersene fuori. Nella maggioranza dei casi un gruppo dirigente non deve e non può rimanere invariato nella sua composizione dall’inizio alla fine di una grande lotta; bisogna promuovere continuamente gli elementi attivi emersi dalla lotta e sostituirli a quei membri del gruppo dirigente che non si sono dimostrati all’altezza delle circostanze, non hanno retto alla prova o si sono corrotti.
“Sul metodo di direzione” (1 giugno 1943), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Se nel nostro Partito non esiste completa collaborazione tra la grande massa dei quadri giovani e i vecchi quadri, la nostra causa può fallire a metà strada. Per questo tutti i vecchi quadri devono accogliere con la massima cordialità i giovani quadri e aver cura di loro. E’ vero che anche i nuovi quadri hanno i loro difetti: hanno cominciato a partecipare alla rivoluzione soltanto di recente, non hanno abbastanza esperienza, molti di loro portano con sé gli strascichi della perniciosa ideologia della vecchia società, cioè i residui della psicologia piccolo-borghese individualistica. Però, man mano che essi si educano e si formano come rivoluzionari, questi difetti possono essere gradualmente superati. I tratti positivi dei giovani quadri consistono, come ha detto Stalin, nel fatto che essi hanno un senso acuto del nuovo, e già in partenza danno prova di grande entusiasmo, di grande attività, qualità queste che mancano a certi vecchi quadri. I nuovi e i vecchi quadri si devono rispettare a vicenda, devono imparare gli uni dagli altri, acquistare gli uni dagli altri le qualità positive per unirsi in un tutto unico in nome della causa comune e per evitare il sorgere di tendenze settarie.
“Per un corretto stile di lavoro nel partito” (1 febbraio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Dobbiamo occuparci non soltanto dei quadri membri del Partito, ma anche dei quadri non comunisti. Esiste, in effetti, fuori del Partito molta gente capace, e il Partito non la deve ignorare. Bisogna che ogni comunista si liberi di qualsiasi atteggiamento altezzoso e scostante e sappia collaborare con i quadri non comunisti, li aiuti sinceramente, adotti nei loro confronti un atteggiamento di caldo cameratismo e orienti la loro attività verso la grande causa della resistenza antigiapponese e dell’edificazione del paese: questo è il dovere di ogni comunista.
“Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale” (ottobre 8938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
XXX. I giovani
Il mondo è vostro quanto nostro, ma, in fin dei conti, è a voi che appartiene. Voi giovani siete dinamici, in piena espansione, come il sole alle otto o alle. nove del mattino. In voi risiede la speranza…
…Il mondo appartiene a voi. A voi appartiene l’avvenire della Cina.
Conversazione con alcuni studenti e borsisti cinesi a Mosca (17 novembre 1957).
Dobbiamo far capire a tutta la gioventù che il nostro è ancora un paese molto povero, che non è possibile modificare radicalmente questa situazione in poco tempo, che soltanto con i loro sforzi la gioventù e il popolo tutto potranno creare, con le loro proprie mani, uno Stato ricco e potente nello spazio di pochi decenni. Il regime socialista ci ha aperto la strada verso la società ideale di domani, ma perché essa diventi una realtà, dobbiamo lavorare duro.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Un buon numero di giovani, per mancanza d’esperienza politica e di esperienza della vita sociale, non sanno fare un confronto tra la vecchia Cina e la nuova; faticano a capire bene quali lotte e quanto straordinariamente difficili e penose il nostro popolo ha dovuto sostenere per riuscire a liberarsi del giogo dell’imperialismo e dei reazionari del Kuomintang e che lungo periodo di sforzi accaniti è necessario per costruire la bella società socialista. Perciò occorre perseguire incessantemente tra le masse una educazione politica viva ed efficace, dir loro sempre la verità sulle difficoltà che sorgono e studiare insieme i mezzi atti a superarle.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nei popolo” (27 febbraio 1957).
I giovani costituiscono la forza più attiva, più dinamica della nostra società. Sono i più appassionati allo studio, i meno aggrappati a idee conservatrici, e così è soprattutto nell’epoca del socialismo. Noi ci auguriamo che tutte le organizzazioni del Partito, d’accordo con le organizzazioni della Lega della gioventù, studino con cura i mezzi per fare pienamente valere la forza dei giovani: ma si guardino bene dal trascurarne le caratteristiche più specifiche, trattandoli come gli altri. Naturalmente, i giovani debbono imparare dai vecchi e dagli adulti e assicurarsene, per quanto è possibile, il consenso, prima di intraprendere qualsiasi utile attività.
Nota all’articolo “La brigata d’assalto della Cooperativa agricola dl produzione N. 9 del cantone dl Sinping, distretto di Chungsban” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
Quale criterio altrimenti si può adottare per giudicare se un giovane è o no rivoluzionario? Come possiamo riconoscerlo? C’è un solo criterio: quello di vedere se è disposto, in teoria e in pratica, a unirsi e a diventare una cosa sola con le grandi masse operaie e contadine, e se lo fa. Chi è pronto, in teoria e in pratica, a unirsi con gli operai e i contadini, èun rivoluzionario; altrimenti è un non-rivoluzionario o un controrivoluzionario. Chi si unisce oggi con le masse operaie e contadine, è oggi un rivoluzionario; ma se si ritira domani da questa unione, o comincia a opprimere il popolo, si trasforma allora in non-rivoluzionario o in controrivoluzionario.
“Orientamenti del movimento giovanile” (4 maggio 1939), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Prima di identificarsi con la lotta rivoluzionaria del popolo e risolversi a servire gli interessi delle masse e a far tutt’uno con le masse, capita spesso che gli intellettuali tendano al soggettivismo e all’individualismo, siano pieni di idee sterili e poco risoluti nell’azione. Perciò, sebbene moltissimi intellettuali rivoluzionari cinesi abbiano un ruolo d’avanguardia, non tutti sanno mantenere saldamente il proprio posto nella rivoluzione. Una parte degli intellettuali abbandona talvolta le file della rivoluzione nei momenti critici e si lascia andare alla passività; qualcuno diventa addirittura un nemico della rivoluzione. Solo dopo esser passati attraverso un lungo periodo di lotta di massa, gli intellettuali avranno ragione di questi loro difetti.
“La rivoluzione cinese e il Partito comunista cinese” (dicembre 1939), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Pur continuando a coordinare le proprie attività con il compito centrale del Partito, la Lega della gioventù deve condurre un lavoro indipendente, in conformità con le caratteristiche dei giovani. La Cina nuova deve badare agli interessi della sua gioventù, prendere a cuore la formazione della generazione giovane. I giovani debbono studiare, lavorare; ma, siccome sono in periodo di crescita, bisogna dedicare molta attenzione non solo al loro lavoro e ai loro studi, ma anche ai loro divertimenti, alle loro attività sportive e ricreative.
Istruzioni in occasione dl un ricevimento offerto al Presidium del II congresso della Lega della gioventù (30 giugno 1953).
XXXI. Le donne
Comunemente in Cina gli uomini si trovano sottoposti a tre sistemi (il potere politico, il potere di clan, il potere religioso – N.d.R.). .. Oltre che a questi poteri, la donna è sottoposta al potere dell’uomo (potestà maritale). Questi quattro poteri: politico, di clan, religioso e maritale, rispecchiano l’insieme dell’ideologia e del sistema feudale-patriarcale e sono le quattro grosse corde che tengono avvinto il popolo cinese, e in particolare i contadini. Abbiamo già descritto in quale maniera i contadini hanno abbattuto nelle campagne il potere dei grandi proprietari fondiari. Questo potere è il pilastro sul quale poggiano tutte le forze che abbiamo enumerato; con il suo abbattimento, anche il potere di clan, il potere religioso e la potestà maritale sono stati scossi… Per quanto riguarda la potestà maritale, essa nelle famiglie povere non è mai stata molto forte, dato che le donne erano costrette dalle condizioni economiche a lavorare per mantenere la famiglia in misura maggiore che non le donne delle classi abbienti, e in casa avevano quindi diritto di parola e spesso di decisione. Negli ultimi anni, con la crescente rovina dell’agricoltura, è stata scalzata la base stessa della sottomissione della donna all’uomo. Ultimamente, con il sorgere del movimento contadino, le donne hanno creato in molte località leghe di contadine; è giunto anche per le donne il giorno di alzare la testa, e la potestà del marito va via via sempre più indebolendosi. In una parola, con lo svilupparsi del potere dei contadini sono stati scossi sia l’ideologia che il sistema feudale-patriarcale.
“A proposito di una inchiesta sul movimento contadino dello Hunan” (marzo 1927) Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I
Unitevi, partecipate alla produzione e alle attività politiche e migliorate la situazione economica e politica della donna.
Per la rivista Donne della Cina nuova, a. I, n.1, 20 luglio 1949.
Difendere gli interessi dei giovani, delle donne e dei bambini; soccorrere gli studenti profughi; aiutare i giovani e le donne ad organizzarsi e a partecipare, di pieno diritto, ad ogni attività utile alla guerra di resistenza antigiapponese e al progresso sociale; assicurare la libertà del matrimonio e l’eguaglianza dei sessi; dare ai giovani e ai bambini un insegnamento utile.
“Sul governo di coalizione” (24 aprite 1945>, Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Il nostro compito essenziale nel campo della produzione agricola consiste nel disciplinare l’utilizzazione della manodopera e nell’inserire le donne nella produzione agricola.
“La nostra politica economica” (23 gennaio 1934), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
E’ di primaria importanza per l’edificazione della grande società socialista inserire in massa le donne nelle attività produttive. Il principio “a eguale lavoro uguale salario” deve essere applicato nella produzione. Una vera eguaglianza tra l’uomo e la donna è realizzabile solo nel corso del processo di trasformazione socialista di tutta’ la società.
Nota all’articolo “Le donne si uniscono al fronte del lavoro” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
Come conseguenza del movimento di cooperazione agricola, un grande numero di cooperative si trovano a mancare di manodopera e nella necessità di trascinare in massa sul fronte del lavoro le donne che finora non partecipavano ai lavori dei campi… Le donne costituiscono in Cina una importante fonte di manodopera. E una forza che va valorizzata nella lotta per l’edificazione di un grande paese socialista.
Nota all’articolo “La mobilitazione delle donne per la produzione ha ovviato alla scarsezza di manodopera” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle compagne cinesi.
Occorre che tutta la manodopera femminile prenda il suo posto sul fronte del lavoro, dove verrà applicato il principio “a eguale lavoro eguale salario,” e ciò deve essere realizzato nel tempo più breve.
Nota all’articolo “Programma della federazione democratica femminile del distretto di Hsing-tai per il lavoro tra le donne nel corso del movimento di cooperazione agricola” (1955), Il grande balzo in avanti del socialismo nelle campagne cinesi.
XXXII. La cultura e l’arte
Nel mondo contemporaneo ogni cultura, ogni letteratura e ogni arte appartiene a una classe determinata e si rifà ad una ben definita linea politica. L’arte per l’arte, l’arte al di sopra delle classi, l’arte che si sviluppa fuori della politica e indipendentemente da essa, nella realtà non esiste. La letteratura e l’arte proletarie sono parte di tutta l’azione rivoluzionaria del proletariato, o, come ha detto Lenin, sono “una rotella e una vitina” del meccanismo generale della rivoluzione.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
La cultura rivoluzionaria è per le masse popolari una potente arma della rivoluzione. Prima della rivoluzione, la prepara ideologicamente; durante la rivoluzione, costituisce un settore importante, indispensabile del fronte generale della rivoluzione.
“La nuova democrazia” (gennaio 1940), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Sia la nostra letteratura, sia la nostra arte servono alla grande massa del popolo, e in primo luogo agli operai, ai contadini e ai soldati; sono create per loro e da loro utilizzate.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Occorre che i nostri scrittori e i nostri artisti adempiano a questo compito: mutare di posizione e gradualmente passare dalla parte del proletariato, dalla parte degli operai, dei contadini e dei soldati, andando tra loro, gettandosi in pieno nella lotta pratica, studiando il marxismo e la società. Solo cosi noi avremo una letteratura e un’arte che possano servire realmente agli operai, ai contadini e ai soldati, una letteratura e un’arte autenticamente proletarie.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Dobbiamo fare in modo che la letteratura e l’arte si integrino perfettamente nel meccanismo generale della rivoluzione, diventino un’arma potente per unire e educare il popolo, per colpire e annientare il nemico, e per aiutare il popolo a lottare contro il nemico con un cuore solo e una sola volontà.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
La critica letteraria e artistica comporta due criteri: politico e artistico… ma in che rapporto sono tra loro? Tra la politica e l’arte non si può mettere il segno dell’uguale, così come non lo si può mettere tra una concezione generale del mondo e metodi della creazione e della critica artistica. Noi neghiamo non soltanto l’esistenza di un criterio politico astratto e immutabile, ma anche d’un criterio artistico astratto e immutabile; ogni classe, in ogni società di classe, ha il suo criterio particolare, politico e artistico. Però qualsiasi classe, in qualsiasi società di classe, pone sempre il criterio politico in primo piano, e quello artistico in secondo piano… Noi invece esigiamo unità tra politica e arte, unità tra contenuto e forma, unità tra contenuto politico rivoluzionario e una forma artistica il più possibile perfetta. Le opere che mancano di valore artistico, per quanto possano essere avanzate politicamente, restano inefficaci. Per questo, noi siamo contro le opere d’arte che esprimono opinioni politiche erronee e nello stesso tempo siamo contro la tendenza a produrre opere in “stile da slogan o da manifesto,” in cui le opinioni politiche sono giuste, ma che mancano di forza espressiva artistica. In letteratura e in arte dobbiamo condurre la lotta su due fronti.
“Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan” (maggio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
La politica che si richiama al precetto “Sboccino cento fiori, rivaleggino cento scuole” mira a stimolare non solo il rigoglio dell’arte e il progresso della scienza ma anche lo sboccio della cultura socialista nel nostro paese. Nelle arti, forme diverse e stili diversi possono svilupparsi liberamente, nelle scienze scuole diverse liberamente affrontarsi. Sarebbe, a nostro avviso, pregiudizievole allo sviluppo dell’arte e della scienza ricorrere a misure amministrative per imporre questo o quello stile, questa o quella scuola e interdire il tal altro stile o la tal altra scuola. Il vero e il falso in arte e nella scienza è questione che va risolta con la libera discussione negli ambienti artistici e scientifici, con la pratica dell’arte e della scienza, e non con metodi semplicistici.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
Un esercito senza cultura è un esercito ignorante, ed un esercito ignorante non può vincere.
“Il fronte unico nel lavoro culturale” (30 ottobre 1944), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
XXXIII. Lo studio
Ci sono due modi d’imparare. Uno, dogmatico, consiste nell’essere ricettivi a tutto, convenga o non convenga al nostro paese. Non è un buon modo. L’altro consiste nel far lavorare il cervello e imparare ciò che corrisponde alle condizioni del nostro paese, cioè assimilare l’esperienza che ci può esser utile. Questo è il modo che dobbiamo adottare noì.
“Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo” (27 febbraio 1957).
La teoria di Marx, Engels, Lenin e Stalin ha un valore universale. Non va considerata come un dogma, ma come una guida per l’azione. Non bisogna accontentarsi di imparare la terminologia e la fraseologia marxista-leninista, ma studiare il marxismo-leninismo in quanto scienza della rivoluzione. Non bisogna soltanto capire le leggi generali, stabilite da Marx, Engels, Lenin e Stalin basandosi sul loro studio ampio e profondo della vita reale e dell’esperienza della rivoluzione, bisogna anche studiare che posizione e che metodo essi adottano per esaminare e risolvere i problemi.
“Il ruolo del Partito Comunista cinese nella guerra nazionale” (ottobre 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Se, arrivati ad una teoria giusta, ci si accontenta di farne argomento di conversazione, per poi lasciarla da parte senza metterla in pratica, questa teoria, per quanto bella possa essere, è priva d’ogni significato.
“A proposito della pratica” (luglio 1937), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Bisogna assimilare la teoria marxista e saperla applicare; occorre assimilarla soltanto per applicarla. Se riuscite, adottando il metodo marxista-leninista, a spiegare un paio di problemi pratici, meritate dei complimenti, si dirà che avete ottenuto qualche successo. Quanto più numerose saranno le questioni che spiegherete, quanto più complete e profonde saranno le vostre spiegazioni, tanto più notevoli saranno i vostri successi.
“Per un corretto stile di lavoro nel partito” (1 febbraio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Come legare la teoria marxista-leninista con la pratica della rivoluzione cinese? Bisogna, come s’usa dire, “lanciare la freccia mirando al bersaglio.” Il marxismo-leninismo sta alla rivoluzione cinese come la freccia al bersaglio. Ma certi compagni “lanciano la freccia senza mirare al bersaglio,” tirano a caso. Compagni simili rischiano di mandare a monte la rivoluzione.
“Per un corretto stile di lavoro nel partito” (1 febbraio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III.
Coloro, invece, che hanno un’esperienza di lavoro pratico, devono fare uno studio teorico e lavorare come si deve sui libri, e soltanto allora essi potranno sistematizzare la loro esperienza, sintetizzarla ed elevarla a livello della teoria; eviteranno cosi di scambiare la loro esperienza limitata per verità universale, e potranno evitare errori di ordine empirico.
“Per un corretto stile di lavoro nel partito” (1 febbraio 1942), Opere scelte di Mao Tse-tung. vol. III.
Imparare sui libri è studio; studio è anche l’applicazione pratica di quanto si è imparato, e ne è una forma ancor più importante. Il nostro metodo principale è di imparare a fare la guerra facendola. Anche coloro che non hanno la possibilità di entrare in una scuola possono imparare a fare la guerra, appunto combattendo. La guerra rivoluzionaria è cosa del popolo; in questa guerra spesso un uomo combatte prima ancora d’avere imparato a farlo, si incomincia a combattere e poi s’impara: perché combattere significa imparare.
“Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina” (dicembre 1936), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Fra il civile e il soldato c’è una certa distanza, ma non esiste tra di loro alcuna muraglia cinese e la distanza che li separa può rapidamente essere superata. Fare la rivoluzione, fare la guerra: questo è il mezzo per superare quella distanza. Quando diciamo che non è facile studiare e applicare nella pratica quanto si è appreso, intendiamo dire che non è facile studiare qualcosa a fondo e applicarlo alla perfezione. Quando diciamo che un “civile” puo rapidamente trasformarsi in un soldato, intendiamo dire che non è affatto difficile accingervisi. Per riassumere queste due affermazioni, vale la pena di ricordare il vecchio proverbio cinese: “Nulla è difficile al mondo per chi ci si mette d’impegno.” Iniziarsi all’arte militare non è difficile ed è possibile anche perfezionarsi, ci vuole solo impegno e sapere imparare.
“Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in cina” (dicembre 1936), Opere Scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Dobbiamo imparare da tutti coloro che se ne intendono (chiunque essi siano) a lavorare nel campo economico. Dobbiamo farne i nostri maestri, imparare da loro umilmente, coscienziosamente. Quando uno non sa, confessa la propria ignoranza; non bisogna darsi delle arie a sproposito.
“Sulla dittatura democratica popolare” (30 giuguo 1949), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. IV.
Le conoscenze sono la scienza, e la scienza non può ammettere neanche la minima ipocrisia, la minima presunzione; essa esige anzi esattamente il contrario: onestà e modestia.
“A proposito della pratica” (luglio 1937), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. I.
Il nostro peggiore nemico nello studio è la sicumera; chiunque voglia realmente imparare cominci con il liberarsene. “Istruirsi e non ritenersi mai soddisfatti” e “insegnare senza stancarsi mai”, tale deve esser il nostro atteggiamento.
“Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale” (ottobre 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.
Certi si credono saputi perché hanno letto qualche libro marxista, ma le loro letture non penetrano, non radicano nel loro spirito; non sanno farne uso e i loro sentimenti di classe restano immutati. Altri sono pieni di boria; basta che abbiano letto un pochino, e subito si credono chissà chi, si gonfiano d’orgoglio. Ma appena attacca a soffiare la tempesta, la loro posizione si rivela diversissima da quella degli operai e della maggior parte dei contadini lavoratori: è vacillante, mentre questa è salda, è equivoca, mentre questa è chiara e netta.
“Intervento alla conferenza nazionale del Partito comunista cinese sui lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
Per apprendere il marxismo, non basta studiarlo sui libri; è soprattutto con la lotta delle classi, col lavoro pratico e i contatti con le masse operaie e contadine che si arriva ad appropriarselo realmente. Se, dopo aver letto qualche opera marxista, i nostri intellettuali acquisissero anche qualche comprensione del marxismo a contatto delle masse operaie e contadine e nel loro lavoro pratico, allora parleremmo tutti lo stesso linguaggio, non solo il linguaggio del patriottismo e del socialismo, ma probabilmente anche il linguaggio della concezione comunista del mondo, e il lavoro di noi tutti se ne avvantaggerebbe di sicuro.
“Intervento alla conferenza nazionale dei Partito comunista cinese sui lavoro di propaganda” (12 marzo 1957).
IL LIBRO DELLE GUARDIE ROSSE – IL LIBRETTO ROSSO
INDICE
I. Il Partito comunista
II. Le classi e la lotta di classe
III. Il socialismo e il comunismo
IV. La giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo
V. La guerra e la pace
VI. L’imperialismo e tutti i reazionari sono tigri di carta
VII. Avere il coraggio di lottare, avere il coraggio di vincere
VIII. La guerra popolare
IX. L’esercito popolare
X. Il ruolo dirigente dei comitati di Partito
XI. La linea di massa
XII. Il lavoro politico
XIII. I rapporti tra ufficiali e soldati
XIV. I rapporti tra esercito e popolo
XV. Le “tre democrazie”
XVI. L’educazione e l’addestramento delle truppe
XVII. Al servizio del popolo
XVIII. Il patriottismo e l’internazionalismo
XIX. L’eroismo rivoluzionario
XX Edificare il paese con diligenza ed economia
XXI. Contare sulle proprie forze e lottare con tenacia
XXII. Metodi di pensiero e di lavoro
XXIII. Indagini e ricerche
XXIV. L’autoeducazione ideologica
XXV. L’unità
XXVI. La disciplina
XXVII. La critica e l’autocritica
XXVIII. I comunisti
XXIX. I quadri
XXX. I giovani
XXXI. Le donne
XXXII. La cultura e l’arte
XXXIII. Lo studio
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(edizione Feltrinelli, 1969)
Finito di stampare il 10 dicembre 1969 da “La Tipografica Varese”