L’Internazionale Comunista

Sono trascorsi 82 anni dalla fondazione dell’Internazionale Comunista. Essa venne fondata nel marzo del 1919 per impulso del Partito Comunista (bolscevico) della Russia (PC(b)R), diretto da Lenin. L’Internazionale divenne il quartiere generale del movimento comunista a livello mondiale. Oggi siamo alla vigilia di nuovi grandi avvenimenti: la seconda crisi generale del capitalismo è in corso. L’aggressione dell’imperialismo USA/UE per mezzo del suo braccio armato, la NATO, alla Jugoslavija, la colonizzazione dell’intera area balcanica è preludio di una nuova guerra tra gruppi e Stati imperialisti per la spartizione del mondo. La guerra in cui la borghesia imperialista sta trascinando il mondo è la continuazione della lotta in corso da alcuni anni tra i gruppi imperialisti. Questa lotta si trasformerà gradualmente e inevitabilmente in lotta tra Stati imperialisti: anticamera di una nuova guerra su scala mondiale. Aspetti di questa lotta sono costituiti dai giganteschi monopoli costituitisi a livello mondiale, l’appropriazione della massima parte del plusvalore estorto ai lavoratori dei paesi imperialisti, la ricolonizzazione dei paesi coloniali, la rapina e il saccheggio dei paesi dell’ex campo socialista (Balcani), l’eliminazione delle conquiste strappate dalle masse popolari dei paesi imperialisti (annullamento dello Stato sociale), l’aumento al di là dì ogni limite finora conosciuto dello sfruttamento, dell’oppressione e dell’abbrutimento della massa della popolazione mondiale, accompagnati dalla manipolazione/distruzione dell’ambiente. In modi e con tempi diversi, la crisi generale non risparmia nessun paese, la situazione rivoluzionaria che l’accompagna riguarda quindi tutti i paesi, la guerra verso cui l’imperialismo ci conduce sarà mondiale. Ancor prima che le forze comuniste sopravvissute alla corruzione e alla corrosione del revisionismo moderno si ricostituiscano in autentici Partiti marxisti-leninisti e riescano a stringere nuovamente un vincolo organizzativo e a ricostituire un quartiere generale della rivoluzione proletaria a livello mondiale, sviluppando la collaborazione tra i Partiti comunisti che si vengono ricostituendo e le altre forze rivoluzionarie che lottano contro l’imperialismo e la reazione, in questo contesto ogni comunista deve studiare a fondo l’esperienza dell’Internazionale Comunista e fare un giusto bilancio della sua attività. Il movimento comunista che sta ricostituendosi nel corso della crisi sarà mondiale dovrà di conseguenza costituirsi come la nuova organizzazione comunista internazionale.

L’Internazionale Comunista operò tra il 1919 e il 1943, in realtà, però, la sua formazione iniziò nel 1914. Di fronte allo scoppio della Prima guerra mondiale la Seconda Internazionale crollò, corrosa dall’opportunismo e dai primi revisionisti (Bernstein & C). La sinistra dei partiti dell’Internazionale non aveva sviluppato una linea e una pratica organizzative corrispondenti all’analisi della guerra in arrivo, che tuttavia era stata denunciata e illustrata dal Manifesto di Basilea (1912) approvato dal congresso straordinario del Seconda Internazionale. Immediatamente dopo il crollo della Seconda, iniziò il lavoro per costruire la Terza Internazionale. Come ricostituire l’Internazionale è il sottotitolo di un articolo di Lenin, pubblicato nel dicembre 1914. La vita dell’Internazionale Comunista si protrasse oltre lo scioglimento formale del giugno 1943, nel Cominform (1947-1956), come forma di collaborazione e di reciproco sostegno tra i Partiti comunisti di tutto il mondo. Questi rapporti durarono fino al febbraio del 1956. In questa data il capofila dei moderni revisionisti, il rinnegato Kruscëv, al 20° Congresso del PCUS (Partito Comunista dell’Unione Sovietica), li ruppe prendendo unilateralmente e arbitrariamente posizione su problemi relativi al movimento comunista internazionale (bilancio dell’esperienza del socialismo in URSS e dell’attività dell’IC), senza aver discusso preliminarmente con gli altri Partiti comunisti, avviando il processo riformatore che fu detto di destalinizzazione, proprio perché in quell’occasione furono rivolte le più infamanti accuse a Stalin, denigrando la sua figura e opera storica.

Dato il ruolo preminente che il Partito Comunista dell’Unione Sovietica per ragioni oggettive possedeva nel movimento comunista, la deviazione del PCUS frantumò l’unità del movimento comunista e mise fine alla collaborazione tra il complesso dei Partiti comunisti. La Conferenza di Mosca dei 76 partiti comunisti nel novembre 1957 (Dichiarazione di Mosca e Manifesto per la pace) e la Conferenza di Mosca degli 81 partiti comunisti nel novembre 1960 (Dichiarazione del 1960) furono tentativi, infruttuosi, di ricostruire l’unità e la collaborazione tra i Partiti comunisti, nonostante il boicottaggio della Rivoluzione proletaria che oramai i revisionisti moderni kruscioviani attuavano su ampia scala.

La vita dell’Internazionale Comunista copre, quindi, l’intero periodo della prima crisi generale del capitalismo e della prima ondata della Rivoluzione proletaria. L’attività dell’Internazionale Comunista è perciò una grande miniera di esperienza per tutti i comunisti: stiamo affrontando i problemi relativi alla seconda crisi generale del capitalismo e alla seconda ondata della Rivoluzione proletaria che l’accompagnerà, dobbiamo quindi esplorare a fondo questo immenso bagaglio di esperienze con l’approfondire lo studio della vita dell’Internazionale Comunista.

Dal periodo in cui operò l’Internazionale Comunista ad oggi sono sopravvenute molte e importanti trasformazioni che ogni Partito comunista deve individuare, studiare e comprendere e di cui occorre tenere il debito conto. Viviamo tuttavia ancora nell’epoca dell’imperialismo, del declino del capitalismo e dell’ascesa della Rivoluzione proletaria, siamo nel XXI° secolo certo, ma solo da nemmeno un anno, l’epoca in cui l’Internazionale Comunista svolse la sua attività è dietro questo angolo temporale. Il bilancio dell’esperienza dell’Internazionale Comunista è un preciso, ineludibile, compito politico, perché riguarda l’orientamento del nostro lavoro nel presente e negli anni a venire. E’ importantissimo che sia condotto in modo giusto.

Il bilancio dell’Internazionale Comunista di cui abbiamo bisogno oggi nel nostro paese deve sostanzialmente consistere di due punti.

Punto 1: dobbiamo indicare e illustrare: quali furono le conquiste pratiche realizzate dal movimento comunista nel periodo dell’attività dell’Internazionale Comunista; quali furono le cause soggettive di quei successi: le concezioni, il metodo, la linea, le strutture organizzative grazie alle quali l’attività dell’Internazionale Comunista raggiunse quei successi.

Perché questo deve essere il primo punto del nostro bilancio? In primo luogo perché oggi nelle attuali condizioni di trincea nel nostro paese non vi è una chiara, vasta e affermata conoscenza dei successi in quel periodo. Quindi vi sono nelle nostre fila mille brecce aperte alla penetrazione della campagna di denigrazione del movimento comunista (vedi la martellante campagna denigratoria contro Stalin che continuaa cinquant’anni dalla sua scomparsa) e di demoralizzazione delle nostre forze che la borghesia imperialista conduce come un aspetto specifico, programmato e adeguatamente finanziato della sua lotta contro la rinascita del movimento comunista. In secondo luogo perché le forze comuniste italiane attauli sono lungi dall’avere assimilato e fatto nostro il patrimonio ideologico e teorico grazie al quale l’Internazionale Comunista ha raggiunto questi successi. Il lungo periodo di predominio del revisionismo moderno e il profondo lavoro di corruzione e di diversione degenerativa da esso condotto hanno rotto la continuità tra noi e l’Internazionale Comunista.

Attualmente hanno libero corso tra i comunisti concezioni e metodi di pensiero e di azione che l’Internazionale Comunista ha già criticato e superato teoricamente e che aveva in larga misura superato anche nella pratica dei suoi Partiti comunisti. Fanno perciò parte di questo primo punto del bilancio anche la critica delle concezioni e dei metodi ancora correnti tra le forze comuniste, ma che costituiscono un arretramento rispetto alle posizioni già raggiunte dall’Internazioanle Comunista.

Punto 2: dobbiamo indicare e illustrare quali furono i limiti che l’Internazionale Comunista non riuscì a superare.

Anzitutto è indubbio che le concezioni e l’attività dell’Internazionale Comunista presentano errori e limiti. La battuta d’arresto e l’arretramento subiti dal movimento comunista nella seconda metà del secolo indicano al di là di ogni dubbio che nel movimento comunista internazionale sono stati commessi errori e che esso non è riuscito a superare alcuni limiti. Per far fronte ai compiti e riprendere l’avanzata, è indispensabile individuare i limiti, distinguerli dagli errori e superarli.

Per errori intendiamo linee, criteri e misure che o contrastavano con principi già acquisiti dal movimento comunista o riflettevano un’inchiesta insufficiente sulla situazione concreta. Il bilancio complessivo dell’attività dell’Internazionale Comunista è largamente positivo. Ciò comporta che l’Internazionale Comunista nel suo complesso non ha commesso errori gravi e persistenti, di carattere universale. Tuttavia i singoli partiti comunisti, sezioni dell’Internazioanle Comunista, hanno invece commesso errori anche gravi e persistenti: la sola differenza dei risultati raggiunti nei diversi paesi fa fede di questo. Il compito politico irrinunciabile di ogni partito comunista è comprendere gli errori del partito di cui è erede e continuatore, fare un bilancio della sua attività e trarne i dovuti insegnamenti. Dobbiamo fare un accurato bilancio dell’esperienza, delle concezioni e dei metodi del vecchio PCI.

Per limiti intendiamo che l’Internazioanle Comunista si è trovata davanti a problemi nuovi, propri di una situazione più avanzata rispetto a quelle che il movimento comunista aveva fino allora affrontato, rispetto alle situazioni che il movimento comunista aveva già compreso e per le quali aveva elaborato concezioni e metodi che facevano già parte del patrimonio che i comunisti dovevano assimilare. Rispetto ad alcuni di questi problemi, l’Internazionale Comunista non è riuscita ad elaborare e ad acquisire come patrimonio comune a tutti i partiti linee, criteri e misure sufficienti a risolverli in modo favorevole agli interessi della causa del comunismo, ma la sua esperienza contiene insegnamenti sufficienti per risolverli.

Quali sono questi problemi?

1) La causa e la natura delle crisi generali del capitalismo. Alla fine della Seconda guerra mondiale i comunisti, ritenevano che i paesi capitalisti sarebbero ripiombati nella crisi economica da cui solo la guerra li aveva sollevati: al contrario nei paesi capitalisti vi furono circa trent’anni di ripresa dell’accumulazione del capitale e di sviluppo dell’attività economica. Limite che rese la vita facile alle teorie revisioniste del superamento definitivo della crisi e della guerra.

2) Le forme della mediazione nei paesi capitalisti tra il carattere collettivo già assunto dalle forze produttive e la sopravvivenza della proprietà individuale capitalista delle forze produttive. Lenin aveva indicato chiaramente che l’imperialismo è una sovrastruttura del capitalismo e che è un capitalismo “sui generis” (di tipo particolare). Le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale non sono state individuate, studiate e usate nella lotta politica. Ciò rese la vita facile alle teorie revisioniste delle riforme di struttura e del passaggio graduale al socialismo.

3) La natura dei regimi politici della borghesia nella fase imperialista del capitalismo. Lenin aveva indicato che l’imperialismo tende alla reazione e Stalin aveva precisato che la lotta di classe diventa più acuta man mano che la rivoluzione socialista avanza nel mondo e i paesi socialisti progrediscono verso il comunismo. L’Internazionale Comunista comprese e affrontò i regimi terroristici instaurati dalla borghesia (fascismo, nazismo), ma non comprese adeguatamente che i regimi dei paesi “democratici” (USA, Inghilterra, Francia) erano oramai diventati regimi della controrivoluzione preventiva. Questo rese la vita facile alle teorie revisioniste della lotta esclusivamente (o principalmente) legale e della via democratica/parlamentare al socialismo. La forma della rivoluzione proletaria e della direzione della classe operaia sul resto delle masse popolari. Era scontato tra i partiti dell’Internazionale Comunista che la classe operaia avrebbe conquistato il potere con la violenza (“il potere nasce dalla canna del fucile” – Mao tse Tung). Non erano però chiarite le forme con cui sarebbe avvenuta la raccolta, formazione e accumulazione delle forze rivoluzionarie. Convissero, al riguardo, nell’Internazionale Comunista concezioni e pratiche contrastanti: accumulazione delle forze nell’ambito della legalità borghese in attesa delle condizioni favorevoli per un’insurrezione popolare, fronte popolare, combinazione tra guerra civile rivoluzionaria e guerra imperialista, partito-esercito-fronte delle classi e delle forze rivoluzionarie, guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Questo rese la vita facile alle tendenze opportuniste e attendiste.

4) La natura e il ruolo dei Partiti comunisti. Nonostante la campagna di bolscevizzazione lanciata nella seconda metà degli anni ’20, nell’Internazioanle Comunista rimasero Partiti comunisti che avevano una concezione principalmente legalitaria del loro compito e partiti clandestini, partiti di massa e partiti di quadri, partiti sostanzialmente parlamentari e partiti che dirigevano nel loro paese la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Questo lasciò aperta la via alla teoria revisionista del partito dì tutto il popolo.

5) Il rapporto tra i Partiti comunisti dei vari paesi. Nella Risoluzione del suo scioglimento (1943) l’Internazioanle Comunista dichiarò che ” per lungo tempo, prima della guerra era già apparso sempre più chiaro che la soluzione a mezzo di un centro internazionale dei problemi del movimento operaio di ogni paese a sé preso, si sarebbe scontrata con ostacoli insuperabili”e che “la forma di organizzazione e di unione dei lavoratori scelta dal primo congresso dell’Internazioanle Comunista veniva superata sempre più … a tal punto da divenire persino un impedimento al rafforzamento ulteriore dei partiti operai nazionali”. Ma il problema dei rapporti tra i partiti comunisti restò in sospeso. Ciò facilitò il colpo di mano fatto da Kruscëv nel 1956, quando arrogò il diritto al PCUS di decidere per tutto il movimento comunista internazionale.

6) La lotta di classe nei paesi socialisti.

La continuazione della lotta di classe nei paesi socialisti era un fatto accertato, ma la comprensione delle leggi secondo cui si sviluppa l’analisi di classe della società socialista (in particolare dov’è la borghesia nei paesi socialisti) e la relazione tra le contraddizioni di classe nella società di ogni paese socialista e la lotta di classe a livello internazionale restarono tutte questioni in sospeso fino alla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria diretta da Mao Tse tung (l966-l976). Questo facilitò la vita alle teorie revisioniste della fine della lotta di classe e della scomparsa della divisione in classi nei paesi socialisti.

7) La relazione tra gli Stati e i paesi socialisti.

La vittoria conseguita dall’Armata Rossa sul nazismo, permise all’accresciuto prestigio dell’URSS, del resto già conseguito, grazie alla lungimiranza di Stalin, nella conduzione delle trattative svoltesi durante la Seconda guerra mondiale (conferenza di Yalta) di condizionare il capitalismo occidentale e di dare vita alla fine della guerra al Campo socialista, composto da più paesi e da più Stati, con tradizioni diverse e diversi livelli economici, politici e culturali. Nel 1919 era stata lanciata la parola d’ordine della Federazione sovietica mondiale. Ora si poneva il compito di tradurre in politiche e in istituzioni il principio della fraterna collaborazione tra i lavoratori di tutto il mondo per marciare verso la comunità mondiale dei lavoratori. La scomparsa di Stalin, avvenuta nel 1953, non permise di affrontare, fosse solo anche teoricamente, il difficile compito e rese la vita facile alle tendenze all’egemonismo e alle tendenze nazionaliste insite nella pratica revisionista.

Sette problemi che hanno urgenza diversa, ma sono cruciali per adempiere con successo il compito che sta davanti ai comunisti marxisti-leninisti. Dobbiamo quindi indicare gli elementi dell’esperienza dell’Internazionale Comunista che possano suggerirci le soluzioni giuste, le posizioni più avanzate che oggi dobbiamo occupare. Insomma dobbiamo indicare gli insegnamenti che noi traiamo dall’esperienza dell’Internazionale Comunista per andare oltre i suoi limiti. Non si varino per buoni i bilanci in cui si afferma in modo generico che l’Internazionale Comunista ha compiuto molte cose positive e che i suoi dirigenti hanno dato “un contributo teorico inestimabile”, ma…

1°) non si indicano e non si illustrano le cose positive come se non ci fosse in corso una campagna denigratoria che influenza anche le nostre fila e…

2°) non si illustrano i “contributi inestimabili”come se questi fossero già nostro patrimonio acquisito (cosa che non è, l’influenza della cultura borghese di sinistra sul pensiero dei comunisti lo dimostra). Tanto meno va bene che dopo questa concessione quasi d’obbligo fatta ai meriti dell’Internazioanle Comunista, in realtà ci si dedichi ad illustrarne solo gli errori e i limiti dell’Internazioanle Comunisti. Noi comunisti (marxisti-leninisti) non dobbiamo esitare ad esporre alle masse (quindi pubblicamente) i nostri errori e i nostri limiti. Anzi è necessario farlo: per sgomberare la sfiducia creata dai successi conseguiti dalla borghesia contro il movimento comunista è necessario indicare chiaramente quali sono stati i nostri errori e i nostri limiti che hanno consentito alla borghesia di conseguire temporanei successi. Dobbiamo, però, fare il bilancio dell’esperienza dal punto dì vista del proletariato e alla luce delle concezioni del proletariato rivoluzionario, col metodo materialista dialettico. Dobbiamo invece combattere i bilanci che, stante la mancata assimilazione dell’ “inestimabile contributo teorico” dell’Internazionale Comunista, risentono dell’influenza della cultura borghese, individuano errori e limiti dal punto di vista della borghesia (che però si presenta come “neutrale” e “scientifico”: al di sopra delle classi, degli interessi e delle passioni di classe). Simili bilanci nascondono i veri errori o ne travisano i limiti, importanti ai fini della nostra lotta e non traggono gli insegnamenti necessari per non ripetere gli errori e per superarne i limiti. Alcuni bilanci inoltre parlano solo di “terrori e deviazioni” dell’Internazioanle Comunista e non ne indicano i limiti, che ai fini della nostra lotta sono ancora più importanti degli errori.

Abbiamo bisogno, in conclusione, di un bilancio fatto dal punto di vista della classe operaia che lotta per la sua egemonia, allo scopo di definire la linea con cui affrontare i compiti dei comunisti (marxisti-leninisti) nella seconda ondata della rivoluzione proletaria che sta crescendo attorno a noi.

NOTE
L’attualità delle analisi di Marx, di Lenin e di altri esponenti storici del movimento comunista sembrano scritte per la situazione attuale. Questa costatazione deve servire a gettare nella pattumiera della storia (che loro compete) le analisi di sociologi, politologi, economisti e altri intellettuali borghesi sulla mondializzazione, sulla fine della storia e in generale sulle “novità” che essi sbandierano (commessi della borghesia come diceva Lenin). Addormentarci sulla costatazione dell’inconsistenza degli intellettuali dei nostri avversari sarebbe però deleterio. A trent’anni di distanza è doloroso rileggere, quello che scrivevano alcuni esponenti del movimento rivoluzionario fieri, compiaciuti della giustezza e coerenza della concezione marxista del mondo, ma del tutto inconsapevoli del cataclisma che si stava preparando per il movimento comunista (a parte alcune eccezioni – a riguardo rammento un articolo di Umberto Terracini, pubblicato su Realtà Sovietica in occasione del 50° anniverasrio della Rivoluzione d’Ottobre). Le novità proclamate dagli intellettuali borghesi sono false, ma ugualmente importanti: forme Antitetiche dell’unità sociale, moneta fiduciaria mondiale, spartizione del mercato mondiale tra pochi grandi monopoli, un’economia sociale retta da rapporti sociali capitalisti, un’unità politica e culturale mondiale sotto la forma di dominazione di pochi Stati e gruppi su tutto il mondo. Il mondo ha fatto grandi passi verso il comunismo, ma li ha fatti, paradossalmente, sotto la cappa del capitalismo, questo ha creato un mondo che, per questo paradosso, sta per deflagrare. Abbiamo urgente necessità della comprensione scientifica delle leggi di questo processo per poter guidare l’attività rivoluzionaria delle masse.

Ernesto Ruggeri (Plovdiv (Bulgaria), 19 Aprile 2001)