La vera storia di Norma Cossetto, vittima delle Foibe

Norma Cossetto, 24 anni, uccisa e infoibata durante la rivolta contadina antifascista scoppiata in Istria all’indomani dell’8 settembre 1943, è stata insignita dal Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi, su proposta del deputato Franco Servello e di altri esponenti di Alleanza Nazionale, con la Medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione: “ Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba (*). Luminosa testimonianza di coraggio e amor patrio. 5 ottobre 1943. Villa Surani, Istria.

Qualsiasi tragica morte suscita orrore, e Norma Cossetto, per la sua orrenda morte, merita di essere onorata e ricordata. Rispettata lo deve essere anche la verità, che non è quella raccontata in una serie di pubblicazioni degli ultimi sessant’anni e dai giornali negli ultimi giorni. Norma Cossetto era un alto gerarca del regime fascista, esponente del GUF (Gioventù Universitaria Fascista) in Istria, figlia di Giuseppe Cossetto che era un ricco possidente, segretario del fascio del Comune di Santa Domenica di Visinada, già podestà di quel Comune ed ex Commissario governativo delle Casse Rurali della Provincia d’Istria tramite le quali centinaia di contadini slavi dell’Istria furono espropriati delle loro terre. Ad assassinarla non furono “partigiani slavi”, ma suoi compaesani “italianissimi” come lo erano quasi tutti a Santa Domenica di Visinada e dintorni, nell’area di Parenzo. Non c’era intenzione di ucciderla da parte dei veri partigiani, tanto è vero che il Circolo “Norma Cossetto”, qualche anno addietro, pubblicò un documento nel quale si afferma che Norma fu invitata a presentarsi al Comando partigiano del luogo, e lei vi si recò di propria volontà, fu interrogata e rilasciata. In seguito però cadde nelle mani di “cani sciolti” che la condussero a Parenzo, da dove fu portata ad Antignana; E qui sarebbe stata violentata e uccisa dai “partigiani” dopo che Norma – a quanto ha raccontato un suo parente residente a Fiume, un Cossetto pure lui: “ si rifiutò di rinnegare la propria militanza fascista e, all’offerta di diventare una dirigente del Movimento di Liberazione, rispose inneggiando al Fascio e a Mussolini. Questo suo inneggiare “scatenò il furore degli inquisitori”, che erano tre o quattro; saranno presi dai fascisti al soldo dei tedeschi alla fine dell’ottobre 1943 e, insieme con altri “slavocomunisti” per lo più innocenti e tutti italiani, in tutto diciassette furono massacrati a raffiche di mitra, senza alcun processo. Tre di loro, al momento del massacro, erano pazzi; erano impazziti dopo essere stati costretti a vegliare per una notte intera il corpo in decomposizione di Norma recuperato con altri dalla foiba di Surani. I corpi dei 17 «partigiani», sia detto pure questo, furono gettati dai fascisti nella stessa foiba. Il corpo della Cossetto, comunque, stando al verbale dei Vigili del Fuoco di Pola che lo estrassero dalla voragine carsica, si presentava “intatto, senza segni di sevizie” e soltanto in seguito, in una serie infinita di ricostruzioni, peraltro contraddittorie, si cominciò a parlare di torture, di seni ed organi genitali straziati, ecc… – Su queste storie ha dedicato un capitolo del suo libro “Operazioni foibe tra storia e mito” la studiosa triestina Claudia Cernigli. Su un solo punto le ricostruzioni sulla morte di Norma scritte da fascisti negli ultimi sessant’anni concordano: nel parlare della “barbarie slavocomunista”; E barbarie fu! Quando la salma della Cossetto fu recuperata, un mese dopo l’infoibamento, l’organo ufficiale del Partito fascista repubblicano della Provincia di Pola, “ Il Corriere Istriano”, annunciò i funerali della ragazza e di altri sette fascisti: “Questa mattina alle 10 avranno luogo i funerali di otto nostri martiri”. Era il 19 dicembre 1943. Due giorni prima il medesimo giornale aveva pubblicato un articolo sul recupero delle salme e, ancor prima, insieme a “Il Piccolo” di Trieste, aveva dato un rilievo enorme agli “atti di barbarie slavocomuniste” tacendo quelle fasciste: i funerali di Norma avvennero in concomitanza con quelli del padre Giuseppe e del cognato Mario Bellini, caduti il 4 ottobre a Castellier di Visinada in uno scontro con i partigiani. La colonna della Milizia fascista alla cui testa marciavano Giuseppe Cossetto e il tenente Bellini stava arrivando da Trieste per una “missione punitiva”. I corpi di Giuseppe Cossetto e Mario Bellini furono poi trovati nella fossa comune di Treghellizza il 16 novembre. Lo storico triestino Roberto Spazzali, nella voluminosa opera storiografica “ Foibe, un dibattito ancora aperto” edito nel 1996 dalla Lega Nazionale di Trieste, dunque da un’associazione patriottica, ha scritto: “L’ampia letteratura di quegli anni e del dopoguerra dedicherà un consistente spazio alla morte e al rinvenimento di Norma Cossetto, intrecciando incontrollate fantasie e presunte testimonianze” fra le quali annovera quelle di Paolo De Franceschi (in “Foibe” – Roma, 1952) e di Antonio Pitamitz (“La verità sulle foibe” in “Storia Illustrata”, giugno 1983). Il Pitamitz, secondo Spazzali, “non si preoccupa di verificare la reale consistenza non solo delle cifre ma anche delle impressionanti descrizioni degli eccidi perpetrati in Istria: una per tutte, la narrazione della morte e del rinvenimento del corpo della studentessa Norma Cossetto, suffragata in questa sede dalla più fantasiosa delle ricostruzioni, respinta e corretta anche da Paolo De Franceschi”, e dire che questo “Paolo De Franceschi” è lo pseudonimo di Luigi Papo de Montona, comandante di un battaglione della Milizia fascista passata al servizio dei tedeschi in Istria, condannato a morte in contumacia (ma vivissimo ancora) da un tribunale di Lubiana per crimini di guerra! Va anche detto che ancora durante l’occupazione tedesca dell’Istria e nella repressione anti-partigiana in quella regione dagli ultimi mesi del 1943 fino al maggio 1945, un reparto fascista di repressione fu intitolato “Norma Cossetto”; era costituito esclusivamente da donne fasciste, gran parte delle quali congiunte di fascisti caduti per la “causa fascista” in Istria: le passò in rivista a Trieste, sul finire della guerra, esattamente il 26 gennaio 1945- come si apprende da “Il Piccolo” di Trieste del 28 di quel mese – Il segretario del fascio repubblicano della RSI, Alessandro Tavolini. Pochi mesi prima i giornali fascisti avevano dato ampio rilievo al matrimonio di Licia Cossetto, sorella di Norma, con il tenente pilota Guido Tarantola ed al loro gesto di devolvere due quote di 300 lire “nelle mani dell’ispettrice dei Gruppi femminili del Fascio repubblicano”. Diciamo allora pane al pane e vino al vino, senza menzogne, falsificazioni e strumentalizzazioni. I “martiri” fascisti restano fascisti e siano ricordati e rispettati come tali; si ricordino pure e siano rispettati i martiri antifascisti massacrati dai fascisti, e si ricordi soprattutto che non tutti gli infoibati fecero quell’orrenda fine “per la sola colpa di essere italiani” come si ripete con ossessione e che gli infoibatori non furono soltanto “slavocomunisti”. Eccovi un elenco dei cognomi delle famiglie residenti sul territorio di Visinada e Santa Domenica di Visinada, la piccola patria di Norma Cossetto, dal 1943 al 1947, sparsi anche nelle frazioni di Baldassi, Boschetto, Ferenzi, Filippi, Pranzetti e Stanzia Facchinetti. Alcuni cognomi sono prettamente e da sempre italiani: Regancin, Sterpin, Grimalda, Gasparini, Benedetti, Balanzin, Grison, Lubiana, Surani, Bacola, Romani, Cossetto, Zanatta, Zumbo, Aviano, Bassanese, Corazza, Arbulla, Burra, Visintin, Armani, Ritossa, Batistin, Benedetti, Casali, De Franceschi, Depolo, Facchinetti, Dezzoni, Domini, Galante, Giacomelli, Giromella, Gottardis, Grassi, Lombardi, Manzutto, Maraston, Maruvello, Mengoti, Mengot, Messina, Miotti, Moferdin, Noli, Orrù, Parutta, Patelli, Petroni, Polli, Pol, Pontini, Populin, Piazza, Prodan, Prodi, Raguzzi, Reppa, Rigutto, Ritossa, Ronconi, Saba, Saidelli, Sartiretto, Schiamone, Seravallo, Soprani, Torcello, Tuntar, Urbino, valle, Zamolo, Zuliani.
A questi si aggiungono cognomi slavi italianizzati durante il regime fascista con decreto (tra parentesi il cognome italianizzato):
Bajkin (Baichini), Vranic (Vrani e Urani), Krast (Crasti), Sepić (Seppi), Dobrilović (Dobrilli), Fatorić (Fattori), Antolović (Atolli), Radešić (Ardessi), Šimetić (Simetti), Šimonović (Simeoni e Simonetti), Zaulović (Sauli), Legović (Legovini), Sirotić (Sirotti), Jakac (Iacca e Iacconi), Matić (Matti), Bejaković (Beaco), Brečević (Breccia), Pastoric (Pastori), Labinac (Alnonese), Vidoš (Vidossi), Filipić (Filippini), Valentić (Valenti), Breškić (Breschi), Deklić (Decli), Brnobić (Bernobbi), Žudetić (Zudetti), Barbarić (Barbari), Nović (Novi), Stojnić (Stoini), Vranic (Vratti), Brozić (Brossi), Šabac (Sabatti), Milanović (Milani), Kocijančić (Cociani), Poropat (Poretti e Porini), Kovačić (Covacci), Rošić (Rossi), Blaškić (Biagi), Lorenčić (Lorenzi), Verbić (Verbi), Antonac (Antonazzi), Černjeka (Cernecca), Ferenac (Ferrena e Ferenzi), Geržentic (Ghersenti), Ivančić (Giovanelli e Giovannini), Miljavac (Miliani e Miglia), Milohnić (Milocchi), Pavletić (Paoletti ), Peršić (Persini), Ravnić (Rauni), Sabać (Saba), Sironić (Sironi), Tuljak (Tulliani), Grbac (Gherbas, Gherbassi, Gherbazzi, Gherbani), Šikman (Simani), Oklen (Ocleni), Belusić (Belassi), Bradić (Bradi), Brljavac (Bergliava), Gregorović (Gregori), Jugovac (Meriggioli), Abrozić (Ambrosi), Baračić (Baracci), Bernes (Bernessi), Krizmanić (Crisma e Crismali), Mahne (Magni), Makovac (Macchi), Paulišić e Pavlović (Pauli), Prkovac (Perchiani), Zubalic (Zuballi), Mendiković (Mendici)…

Lascio a chi vuole distinguere fra questi gli italiani tutti buoni e tutti vittime e gli slavi tutti cattivi e aguzzini; fra slavi e italiani rimasti in quei luoghi io ho trovato i testimoni della verità sulla tragica fine di Norma Cossetto e dei diciassette massacrati per vendicare la sua morte. Ricordo gli uni e gli altri uguali nella morte, perché l’una e gli altri furono vittime dell’odio e della vendetta.