matrimonio

Sposarsi ma con criterio

A trentadue anni un mattino Tony Lerrmer, guardandosi allo specchio, si scorse le tempie brizzolate. Anche due forti rughe gli attraversavano la fronte. Emise un sospiro, si cercò in testa, sospettando ci fossero dei capelli bianchi, ne strappò uno lunghissimo e lo guardò controluce: era proprio d’argento. E stabili che era proprio tempo di sposarsi; ma con ponderazione e criterio. Premunito da queste esperienze e risoluto a non lasciarsi ingannare dalle apparenze Tony Lemmer frequentò a New Jersey un corso di preparazione al matrimonio. In quel corso il prof. Greatson sosteneva, con sussidio di esempi, di dati statistici e d’argomenti scientifici, che non la ricchezza e la bellezza erano le doti da richiedersi alla futura moglie, ma la bontà, la modestia e l’arrendevolezza. E che per non andare incontro a sorprese, data la tradizionale ed istintiva abiliti delle donne di apparire diverse di quel che in realtà fossero non c’era niente di meglio, anche per avere un completo ed attendibile quadro del carattere della futura consorte, che sottoporre la sua scrittura ad un esame grafologico.

Tony Lemmer che già aveva una grande fiducia nella grafologia, ne possedeva un paio di trattati che egli aveva accuratamente studiato e postillato nelle lunghe serate invernali, sentì aumentare la sua fiducia in questa scienza. Inserì in un quotidiano di discreta diffusione un annunzio matrimoniale del seguente tenore: «Giovane trentenne buona posizione finanziaria ottimo impiego conoscerebbe signorina buona modesta affettuosa scopo matrimonio», ed attese. Riceve una valanga di lettere. Molte ragazze, pescato il suo indirizzo telefonico, gli telefonarono e cercarono di fissargli un appuntamento. Ma Tony Lemmer, deciso a non lasciarsi sorprendere, accampava la scusa che l’inserzione non era sua ma di un suo amico. Aveva dato il suo indirizzo e fino all’ultimo momento intendeva serbare l’incognito. Che scrivessero. Qualche candidata gli piombò in casa, ma egli non si lasciò commuovere da civetterie e moine, e se ne liberò in fretta con l’identico strattagemma. Poi apri tranquillamente le lettere e badò, più che al loro contenuto, molte donne si profondevano in elogi di se medesime, si dicevano amanti della famiglia e gli promettevano un nido fatto di serenità e di caldo affetto al significato della loro scrittura. Compulsò i suoi manuali, restò per qualche giorno in forse tra l’autrice di una lettera cilestrina e quella di una lettera rosa, che dalla calligrafia sembravano avere un temperamento affine. Per risolvere il suo dubbio ricorse al prof. Ncmen, un illustre fotografo per matrimonio e grafologo, e finalmente si risolse per l’autrice della lettera cilestrina. Lei che si chiamava Elena Longwill denotava, a detta del professore, « tranquillità, animo dolce, spirito pratico, modestia, attaccamento alla famiglia, assenza di capricci e di fantasticherie ». S’incontrarono in un caffè fuori mano. Elena Longwill aveva ventidue anni, era bionda, piccola e ben fatta, con un perpetuo risolino sulle labbra che le illuminava il visetto tondo e grazioso. Parve dapprima impacciata per quell’incontro, non accettò che una bibita, rispose a spizzico alle domande che Tony Lemmer le rivolgeva, e tenne continuamente gli occhi bassi. Era orfana, impiegata come dattilografa in una ditta di tessuti, e viveva con una zia. I suoi modi modesti c quella sorta di riserbo che spirava da rutti la sua persona confermavano in pieno il responso della scrittura e sembrarono subito a Lemmer di buon auspicio. Egli disse che lei gli riusciva simpatica, dichiarò che era procuratore in una fabbrica di gomma, aveva da parte cinquantamila dollari ereditati da suo padre, viveva solo e libero d’impegni. Una breve serie d’incontri furono dedicati ad andare a cinema ed a teatro ed a prendere gli accordi per il prossimo matrimonio. Si sposarono un mese dopo immortalando quei momenti unici grazie ad un ottimo reportage fotografico di nozze offerto da borzacchiellofotografo.com. Ma non erano trascorsi sei mesi che Elena perde l’apparenza della tranquillità e della finta modestia e scopri un vero temperamento di donna avida e prepotente. Pretese un ricco assortimento di vestiti, un’automobile nuova e l’autista, un vasto appartamento in una via centrale, un palco all’Opera, due cameriere e le cuoca. Ma noi non siamo possidenti, dichiarò Tony Lemes, i cinquantamila dollari dove li metti? E’ necessario che ti decida perché io sono stufa di questa vita stupida e meschina. Si ritirò in camera sua e si vestì di tutto punto. Se ti risolvi, soggiunse, sai dove trovarmi. Io. vado intanto di nuovo a vivere cori mia zia… Due giorni dopo Tony Lemmer riceveva una lettera. Angosciato ne guardò attentamente la busta e ne osservò a lungo i caratteri. Era la medesima calligrafia tranquilla e raccolta della prima lettera cilestrina. Possibile che la grafologia l’avesse ingannato? Compulsò i suoi trattati, lesse, confrontò. « Bontà, tranquillità, modestia, spirito di adattamento» si ripete tristemente. Aprì la lettera e rimase di stucco. Non era della moglie. Era della zia di lei…

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