Il discorso è stato fatto inanzi ad un milione di persone convenute a Gazimestan, nella piana di Campo dei Merli (“Kosovo Polje”) il 28/6/1989, nel seicentesimo anniversario della omonima battaglia.
Fonte: National Technical Information Service, Dept. of Commerce, USA
Traduzione a cura del Coordinamento Romano per la Jugoslavia, luglio 1999
Circostanze sociali hanno fatto si che questo grande seicentesimo anniversario della battaglia di Kosovo Polje abbia luogo in un anno in cui la Serbia, dopo molti anni, dopo molte decadi, ha riottenuto la sua integrita’ statale, nazionale, e spirituale [si riferisce alla abrogazione della “autonomia speciale”, in vigore nella regione del Kosovo dal 1974, che le garantiva uno status di settima Repubblica jugoslava “de facto”; n.d.crj]. Percio’ non e’ difficile per noi oggi rispondere alla vecchia domanda: come ci porremo davanti a Milos [Milos Obilic, leggendario eroe della battaglia del Kosovo; n.d.crj]. Guardando a tutto il corso della storia e della vita sembra che la Serbia abbia, proprio in questo anno, nel 1989, riottenuto il suo Stato e la sua dignita’ e percio’ che abbia celebrato un evento del passato remoto che ha un grande significato storico e simbolico per il suo futuro.
La Liberazione come carattere proprio della Serbia
Oggi come oggi e’ difficile dire quale sia la verita’ storica sulla battaglia del Kosovo e cosa sia solo leggenda. Oggi come oggi questo non ha piu’ importanza. Oppressa dalla sofferenza e piena di fiducia, la popolazione era solita rievocare e dimenticare, come in fondo tutte le popolazioni del mondo fanno, e si vergognava del tradimento e glorificava l’eroismo. Percio’ e’ difficile dire oggi se la battaglia del Kosovo fu una sconfitta o una vittoria per la gente serba, se grazie ad essa piombo’ nella schiavitu’ o se ne sottrasse [lo smembramento del regno di Serbia come Stato avvenne infatti solo settanta anni dopo; n.d.crj].
Le risposte a queste domande saranne sempre cercate dalla scienza e dal popolo. Quello che e’ stato certo attraverso i secoli fino al nostro tempo e’ che la discordia si abbatte’ sul Kosovo seicento anni fa. Se perdemmo la battaglia, non deve essere stato solamente il risultato della superiorita’ sociale e del vantaggio militare dell’Impero Ottomano, ma anche della tragica divisione nella leadership dello Stato serbo a quel tempo. In quel lontano 1389, l’Impero Ottomano non fu solamente piu’ forte di quello dei serbi ma ebbe anche una sorte migliore che non il regno serbo.
La mancanza di unita’ ed il tradimento in Kosovo continueranno ad accompagnare il popolo serbo come un destino diabolico per tutto il corso della sua storia [non a caso le “quattro esse” cirilliche della bandiera tradizionale serba significano “Samo Sloga Srbe Spasava”, ovvero “solo la concordia salvera’ i serbi”; n.d.crj]. Persino nell’ultima guerra, questa mancanza di unita’ ed il tradimento hanno gettato il popolo serbo e la Serbia in una agonia, le conseguenze della quale in senso storico e morale hanno sorpassato l’aggressione fascista [Milosevic si riferisce evidentemente al patto sottoscritto dal governo Cvetkovic-Macek con i nazisti, e forse anche al governo collaborazionista di Nedic ed alla alleanza dei cetnici con il nazismo tedesco dopo la capitolazione dell’Italia, in funzione anticomunista; n.d.crj].
Anche in seguito, quando fu messa in piedi la Jugoslavia socialista, in questo nuovo Stato la leadership serba continuava ad essere divisa, disposta al compromesso a detrimento del suo stesso popolo. Le concessioni che molti leaders serbi fecero a spese del loro popolo non erano storicamemte ne’ eticamente accettabili per alcuna nazione del mondo [si riferisce evidentemente alla strutturazione della Serbia in Repubblica con due regione autonome con diritto di veto, quasi Repubbliche a se’ stanti; n.d.crj], specialmente perche’ i serbi non hanno mai fatto guerra di conquista o sfruttato altri nel corso della loro storia. Il loro essere nazionale e storico e’ stato di carattere liberatorio durante tutti i secoli e nel corso di entrambe le guerre mondiali, cosi’ come oggi. Hanno liberato se’ stessi e quando hanno potuto hanno anche aiutato altri a liberarsi. Il fatto che in questa regione siano una nazionalita’ maggioritaria non e’ un peccato od una colpa dei serbi: questo e’ un vantaggio che essi non hanno usato contro altri, ma devo dire che qui, in questo grande, leggendario Campo dei Merli, i serbi non hanno usato il vantaggio di essere grandi neppure a loro beneficio.
A causa dei loro leaders e dei loro uomini politici e di una mentalita’ succube si sentivano colpevoli dinanzi a loro stessi ed agli altri. Questa situazione e’ durata per decenni, e’ durata per anni, e ci ritroviamo adesso a Campo dei Merli a dire che le cose ora stanno diversamente.
L’unita’ rendera’ possibile la prosperita’
La divisione tra i politici serbi ha nuociuto alla Serbia, e la loro inferiorita’ l’ha umiliata. Percio’, nessun posto in Serbia e’ piu’ adeguato per affermare questo della piana del Kosovo, nessun posto in Serbia e’ piu’ adeguato della piana del Kosovo per dire che l’unita’ in Serbia portera’ la prosperita’ al popolo serbo in Serbia ed a ciascuno dei cittadini della Serbia, indipendentemente dalla sua nazionalita’ o dal credo religioso.
La Serbia oggi e’ unita e pari alle altre repubbliche ed e’ pronta a fare ogni cosa per migliorare la sua posizione economica e sociale, e quella dei suoi cittadini. Se c’e’ unita’, cooperazione e serieta’, si riuscira’ nell’intento. Ecco perche’ l’ottimismo che e’ oggi in larga misura presente in Serbia, riguardo al futuro, e’ realistico, anche perche’ e’ basato sulla liberta’ che rende possibile a tutta la popolazione di esprimere le sue capacita’ positive, creative ed umane, allo scopo di migliorare la vita sociale e personale.
In Serbia non hanno mai vissuto solamente i serbi. Oggi, piu’ che nel passato, pure componenti di altri popoli e nazionalita’ ci vivono. Questo non e’ uno svantaggio per la Serbia. Io sono assolutamente convinto che questo e’ un vantaggio. La composizione nazionale di quasi tutti i paesi del mondo oggi, e soprattutto di quelli sviluppati, si e’ andata trasformando in questa direzione. Cittadini di diverse nazionalita’, religioni, e razze sempre piu’ spesso e con sempre maggior successo vivono insieme.
In particolare il socialismo, che e’ una societa’ democratica progressista e giusta, non dovrebbe consentire alle genti di essere divise sotto il profilo nazionale o sotto quelo religioso. Le sole differenze che uno potrebbe e dovrebbe consentire nel socialismo sono tra quelli che lavorano sodo ed i fannulloni, ovvero tra gli onesti ed i disonesti. Percio’, tutte le persone che in Serbia vivono del loro lavoro, onestamente, rispettando le altre persone e le altre nazionalita’, vivono nella loro Repubblica.
Le drammatiche divisioni nazionali
Dopotutto, l’intero nostro paese dovrebbe essere fondato sulla base di questi principi. La Jugoslavia e’ una comunita’ multinazionale e puo’ sopravvivere solo alle condizioni della eguaglianza piena per tutte le nazioni che ci vivono.
La crisi che ha colpito la Jugoslavia ha portato con se’ divisioni nazionali, ma anche sociali, culturali, religiose e molte altre, meno importanti. Tra queste divisioni, quelle nazionalistiche hanno dimostrato di essere le piu’ drammatiche. Risolverle rendera’ piu’ semplice rimuovere altre divisioni e mitigare le conseguenze che esse hanno creato.
Da quando esistono le comunita’ multinazionali, il loro punto debole e’ sempre stato nei rapporti tra le varie nazionalita’. La minaccia e’ che ad un certo punto emerga l’interrogativo se una nazione sia messa in pericolo dalle altre – e questo puo’ dare il via ad una ondata di sospetti, di accuse, e di intolleranza, una ondata che necessariamente cresce e si arresta con difficolta’. Questa minaccia e’ stata appesa come una spada sulle nostre teste per tutto il tempo. Nemici interni ed esterni delle comunita’ multinazionali sono coscienti di questo e percio’ organizzano la loro attivita’ contro le societa’ multinazionali, soprattutto fomentando i conflitti nazionali. A questo punto, noi qui in Jugoslavia ci comportiamo come se non avessimo mai avuto una esperienza del genere e come se nel nostro passato recente e remoto non avessimo mai vissuto la peggiore tragedia, in tema di conflitti nazionali, che una societa’ possa mai vivere ed a cui possa mai sopravvivere.
Rapporti equi ed armoniosi tra i popoli jugoslavi sono una condizione necessaria per l’esistenza della Jugoslavia e perche’ essa trovi la sua via d’uscita dalla crisi, ed in particolare essi sono condizione necessaria per la sua prosperita’ economica e sociale. A questo riguardo la Jugoslavia non si pone al di fuori del contesto sociale del mondo contemporaneo, in particolare di quello sviluppato. Questo mondo e’ sempre piu’ contrassegnato dalla tolleranza tra nazioni, dalla cooperazione tra nazioni, ed anche dalla eguaglianza tra nazioni. Il moderno sviluppo economico e tecnologico, ed anche quello politico e culturale, hanno condotto i vari popoli l’uno verso l’altro, rendendoli interdipendenti e sempre piu’ paritari. Popoli eguali ed uniti tra loro possono soprattutto diventare parte della civilta’ verso cui si dirige il genere umano. Se noi non possiamo essere alla testa della colonna che guida la suddetta civilta’, sicuramente non c’e’ nessuna ragione nemmeno per rimanere in fondo.
Ai tempi di questa famosa battaglia combattuta nel Kosovo, le genti guardavano alle stelle attendendosi aiuto da loro. Adesso, sei secoli dopo, essi guardano ancora le stelle, in attesa di conquistarle. Nel primo caso, potevano ancora permettersi di essere disuniti e di coltivare odio e tradimento perche’ vivevano in mondi piu’ piccoli, solo poco legati tra loro. Adesso, come abitanti di questo pianeta, non possono conquistare nemmeno il loro stesso pianeta se non sono uniti, per non parlare degli altri pianeti, a meno che non vivano in mutua armonia e solidarieta’.
Percio’, le parole dedicate all’unita’, alla solidarieta’, alla cooperazione tra le genti non hanno significato piu’ grande in alcun luogo della nostra terra natia di quello che hanno qui, sul campo del Kosovo, che e’ simbolo di divisione e di tradimento.
Nella memoria del popolo serbo, questa disunione fu decisiva nel causare la perdita della battaglia e nell’arrecare il destino che che gravo’ sulla Serbia per ben sei secoli.
Ma se pure da un punto di vista storico le cose non andarono cosi’, rimane certo che il popolo considero’ la divisione come il suo peggior flagello. Percio’ e’ un obbligo per il popolo rimuovere le divisioni, cosi’ da potersi proteggere dalle sconfitte, dai fallimenti, e dalla sfiducia nel futuro.
L’unita’ riporta la dignita’
Quest’anno il popolo serbo ha compreso la necessita’ della mutua armonia come condizione indispensabile per la sua vita presente e gli sviluppi futuri.
Io sono convinto che questa coscienza dell’armonia e dell’unita’ rendera’ possibile alla Serbia non solo di funzionare in quanto Stato ma di funzionare bene. Percio’ io credo che abbia senso dirlo qui, in Kosovo, dove quella divisione un tempo fece precipitare la Serbia tragicamente all’indietro di secoli, mettendola a repentaglio, e dove l’unita’ rinnovata puo’ farla avanzare e farle riacquistare dignita’. Questa coscienza dei reciproci rapporti costituisce una necessita’ elementare anche per la Jugoslavia, perche’ il suo destino e’ nelle mani unite di tutti i suoi popoli.
L’eroismo del Kosovo ha ispirato la nostra creativita’ per sei secoli, ed ha nutrito il nostro orgoglio e non ci consente di dimenticare che un tempo fummo un’esercito grande, coraggioso, ed orgoglioso, uno dei pochi che non si potevano vincere nemmeno nella sconfitta.
Sei secoli dopo, adesso, noi veniamo nuovamente impegnati in battaglie e dobbiamo affrontare battaglie. Non sono battaglie armate, benche’ queste non si possano ancora escludere. Tuttavia, indipendentemente dal tipo di battaglie, nessuna di esse puo’ essere vinta senza determinazione, coraggio, e sacrificio, senza le qualita’ nobili che erano presenti qui sul campo del Kosovo nei tempi andati. La nostra battaglia principale adesso riguarda il raggiungimento della prosperita’ economica, politica, culturale, e sociale in genere, perche’ si trovi un approccio piu’ veloce ed efficace verso la civilta’ nella quale la gente vivra’ nel XXImo secolo. Per questa battaglia noi abbiamo sicuramente bisogno di eroismo, naturalmente un eroismo di un tipo un po’ diverso; ma quel coraggio senza il quale non si ottiene niente di serio e di grande resta resta immutato e resta assolutamente necessario.
Sei secoli fa, la Serbia si e’ eroicamente difesa sul campo del Kosovo, ma ha anche difeso l’Europa. A quel tempo la Serbia era il bastione a difesa della cultura, della religione, e della societa’ europea in generale. Percio’ oggi ci sembra non solo ingiusto, ma persino antistorico e del tutto assurdo parlare della appartenenza della Serbia all’Europa. La Serbia e’ stata una parte dell’Europa incessantemente, ed ora tanto quanto nel passato, ovviamente nella sua maniera specifica, ma in una maniera che non l’ha mai privata di dignita’ in senso storico. E’ con questo spirito che noi ci accingiamo adesso a costruire una societa’ ricca e democratica, contribuendo cosi’ alla prosperita’ di questa bella terra, questa terra che ingiustamente soffre, ma contribuendo anche agli sforzi di tutti i popoli della nostra era lanciati verso il progresso, sforzi che essi compiono per un mondo migliore e piu’ felice.
Che la memoria dell’eroismo del Kosovo viva in eterno!
Viva la Serbia!
Viva la Jugoslavia!
Viva la pace e la fratellanza tra i popoli!